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REGGIO CALABRIA – All’attore comico Gennaro Calabrese non manca l’originalità e quella creatività giusta per portare in auge nei suoi video o spettacoli, luoghi, atteggiamenti, espressioni locali che sono quasi chiavi d’ingresso, parole d’ordine per accedere ad una precisa comunità.

E lo fa anche questa volta, prendendo ad esame un intercalare reggino ed esaltandone gli aspetti positivi e negativi. Come un bravo paroliere analizza il vocabolo “Uttana”, tipicamente usato nel linguaggio reggino, molto utilizzato dagli abitanti del posto come appoggio del pensiero, posatoio della mente, una specie di gruccia per prendere fiato e tempo, evitando vuoti di silenzio e, quindi, d’imbarazzo, d’incertezza, d’esitazione.

“Ogni città d’Italia ha una sua esclamazione tipica, un intercalare secco capace di esprimere un sentimento, uno stato d’animo, un’opinione. Se a Firenze è “Maremma”, a Palermo “Minchia”, a Venezia “Ostrega”, mi sono chiesto: ma, a Reggio Calabria abbiamo un’espressione del genere? E la risposta è stata: “Uttana” – ci spiega Calabrese –. Basta cambiare intonazione e il suo significato diventa polivalente: puoi usarla per affermare la certezza dell’affidabilità, per esprimere credibilità, una prospettiva, un’aspettativa o, semplicemente, la gioia di una sorpresa ma anche, il dispiacere di una brutta sorpresa. Spesso, questa parola è utilizzata per manifestare uno spavento, per esprimere compassione, ovvietà. Il termine deriva dal sanscrito e significa intenso stiramento e, anche se a volte, ha un suono sgraziato, riesce ad esprimere sentimenti gentili. È una parodia che vuole strappare un sorriso, allontanare i brutti pensieri, donare leggerezza e, visto i tempi, ne abbiamo davvero bisogno”.

L’istrionico comico nella sua minuziosa analisi linguistica, in soli 3 minuti e 59, passeggiando tra alcuni dei luoghi più belli di Reggio Calabria, non fa altro che un’operazione psicologica-esistenziale dell’individuo che acquisisce espressioni rassicuranti, condivise, capaci di identificarlo immediatamente come parte di un gruppo.

Espressioni che sono diventate ormai una moda da seguire e che Calabrese con la sua espressività, intonazione, fine e leggiadra scrittura dei testi, porta alla luce. Essere un buon attore non è cosa facile ed è ancor più difficile, essere un uomo.

Ma Gennaro Calabrese ha già dato modo di aver superato la prova e sa bene che chi sceglie di fare questo mestiere deve interpretare, capire la vita e ancora una volta, è riuscito a dimostrare di avere accesa la fiamma del dialogo, dell’arte e quella vulnerabilità intrinseca che, nel lavoro dell’attore, serve per mantenere viva l’umanità che, purtroppo, oggi, in tanti hanno perso.

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