X
<
>

Gerace

Condividi:
6 minuti per la lettura

La Calabria è un’isola circondata da tre mari e dalla catena montuosa del Pollino condivisa con la Basilicata. Lo sostiene il paesologo Franco Arminio. Ma anche Franco Brevini ha scritto di una terza isola italiana accanto a Sicilia e Sardegna.   Un’isola che ne contiene molte altre. Le Calabrie. Una matrioska con diverse identità, lingue e comportamenti. Mi sono messo in viaggio a zonzo e a macchia di leopardo nella Calabria reggina con un taccuino e i ricordi di letture fatte e articoli scritti in passato. Cercando di capire e far capire.

SCILLA

Evito di andare a Chianalea. Un presepe marino raccolto come in un piccolo villaggio dentro una palla di vetro. Canta Pantarei: “A Chianalea le case sono barche, le barche sono case, e il mare se le prende perché gli piace”. Troppo semplice e oleografico partire dalla bellezza di Chianalea.

Vado verso Favazzina, amena spiaggia circondata dai limoni. Finisco in uno dei tanti non luoghi calabresi. A sinistra si prosegue verso Bagnara terra di matriarcato e delle sorelle Bertè-Marini.

Mi infilo sotto un cavalcavia. Detriti e piccole discariche. Attraverso cunicoli di strade che solcano piccole case basse meridionali. Arrivo su una spiaggia. Grande. Non hai problemi di distanziamento. Uno stabilimento ha piazzato un lido ristorante accogliente. Prezzi decenti, pietanze anche. L’odore del mare è intenso. Le acque sono intorpidite dalle alghe.

Nel mese di luglio l’operazione “Lampetra” ha sgominato il clan locale. Una rete di spaccio di 400 clienti tra Scilla e Bagnara. Volevano sequestrare il sindaco per mettergli paura e farsi dare una concessione per una spiaggia.

Se guardi Scilla non la vedi la ‘ndrangheta. Pensi ad altro. Al mare e alla bellezza.  La scopri nei media la mafia calabrese. Le ‘ndrine sono un miraggio.

REGGIO CALABRIA

Raggiungo la città dalla strada provinciale. Attraverso un itinerario spesso panoramico. Passo da Villa San Giovanni. Un paesaggio multiforme alterna palazzi vetusti e imperiosi a brutture moderne sorte con la ricchezza. È la controra simile alle lande del Messico. Arrivo a Reggio Calabria. La più grande rivolta di massa del Novecento non è riuscita a farla diventare capoluogo di regione. Una Regione inutile. Schiava degli interessi di pochi e di parte.

Reggio è capoluogo morale. Alla gran parte degli italiani se chiedi qual è il capoluogo della Calabria ti rispondono Reggio.

È anche città metropolitana Reggio Calabria. Comprende 97 comuni, molti non hanno nessuna identità metropolitana. È l’antico territorio della Calabria Ulteriore Prima. Andavano federati meglio i numerosi quartieri di Reggio che dal mare salgono fino all’Aspromonte. Oppure unirsi con Messina per costruire una vera metropoli in mezzo al Mediterraneo. Impossibile nell’Italia dei campanili e da parte di una città che ha combattuto per essere capoluogo.

Vado al Waterfront. Regium Waterfront. I creativi hanno puntato su antico e postmoderno. Né carne né pesce. Ma è una svolta urbanistica da non disperdere.

All’inaugurazione i fans mai domi dell’ex sindaco Scopelliti hanno srotolato uno striscione con su scritto: “Grazie Peppe, no Giuseppe”. Falcomatà junior ha cercato di essere inclusivo ma non è bastato. C’era vicino anche quello della sezione intitolato a Ciccio Franco. Quello della canzone di Giovanna Marini: “Domani tutto chiuso in segno di lutto. Ha detto Ciccio Franco a Sbarre”. Quando Nord e Sud si unirono a Reggio Calabria nella capitale fasciomissina d’Italia. Tanto tempo fa. Quarant’anni dopo la gran parte dei reggini, almeno loro, si sono pacificati con i propri fantasmi.

C’era anche la ‘ndrangheta nella Rivolta per la prosa giudiziaria. Di recente la sentenza Gotha ha lasciato la città indifferente a mangiarsi il buon gelato di Cesare a via Marina. Un Gotha a metà. Condannati duramente Paolo Romeo puparo di ogni stagione e don Pino Strangio rettore del Santuario di Polsi. Assolto l’ex senatore Antonio Caridi che ha scontato ingiustamente carcere e processo mediatico. Assolto anche l’ex presidente della Provincia Giuseppe Raffa. Condannati 15, assolti 15. Finisce tutto a pareggio sulla ruota della Giustizia a Reggio Calabria.

PALIZZI

Dalla 106 il cartello mi richiama un luogo che non ho mai visto. L’ho sentito la prima volta grazie ad un film di Citto Maselli “Storia d’amore”. Uno dei personaggi si chiamava da Palizzi, veniva da lì. Maselli era stato da queste parti come aiuto di Luigi Chiarini per girare “Il tocco del diavolo” da un soggetto di Corrado Alvaro.

Palizzi è un incanto. C’è un lido che si chiama “L’ultima spiaggia”. Chissà se pensavano di far coro all’omonimo di Capalbio. Ma qui sulla rena dorata è un mare azzurro senza intellettuali vip da ztl. Pochi emigrati di ritorno e qualche reggino. Una masseria gentilizia cadente sta di fronte al bagnasciuga. Potrebbe finire il mondo a Palizzi. Un’ultima spiaggia dove potremmo passare le nostre ore felici e rilassate. Si potrebbe vivere di turismo in Calabria. Ma Palizzi non sarebbe più uguale.

ARDORE

Anche qui mi porta il cinema. Un agguerrito gruppo di cinefili santifica la nascita in questo sconosciuto borgo di Francesco Misiano, un rivoluzionario comunista che produsse i film della rivoluzione. Il mare è molto bello, le spiagge grandi ospitano pochi bagnanti che vengono qui per motivi d’origine. Un solo hotel, il Panama. Vintage e accogliente. Una monade romagnola nella Locride.

Sotto il balcone della stanza passano i treni che risalgono verso la jonica. Su, in paese, hanno restaurato il castello con cura e precisione. Un contenitore che potrebbe attrarre molti turisti. Ma i tour operator non sono interessati. La piazza retrostante ha degli alberi frondosi davanti ad bar che propone granite artigianali da sballo. Vecchie scritte ed effigi del duce e del fascismo sono rimaste sulle mura. Il Novecento aleggia su Ardore. Il borgo si spopola. Si rianima ad agosto. Il terribile e bellissimo Novecento delle rivoluzioni vi aleggia come uno spettro.

GERACE

La nebbia della brutta giornata consegna un’aria da film fantasy a questa rocca costellata da chiese e palazzi. Qui convivono da sempre con il turismo d’arte. Si vede entrando nella splendida cattedrale che schiera un’accoglienza che sembra di essere in Toscana. La guida parla correttamente inglese e non ha inflessioni dialettali nel sciorinare informazioni che ben conosce per averle evidentemente ben studiate. La Cattedrale di Gerace è un luogo mistico essenziale che propone mitologie e “si dice” tramandati nei secoli.

Uno lo racconta il geracese più illustre della contemporaneità, Nicola Gratteri, il magistrato più celebre d’Italia, che qui è nato e ancora vive coltivando pomodori nel suo orto per rilassarsi della sua tremenda vita blindata. Dallo zio canonico in Cattedrale egli ha appreso e ci tramanda che le misure enormi sarebbero state stabilite sulle rispondenze dell’Arca di Noè.

Gratteri a Gerace diventa un uomo normale. Diventa Noè. Quando torna a Catanzaro a lavorare diventa il Dio punitivo dell’Antico Testamento. È idolatrato dai suoi seguaci. I politici lo temono. Un titanico inquisitore che molti calabresi avrebbero votato. Qualcuno contrasta il suo giustizialismo. Nicola Gratteri, comunque la si pensi, è nella storia nazionale.

ROCCAFORTE DEL GRECO

Mi arriva un video sul telefono. Un giovane allevatore con composta dignità racconta i danni dei tremendi incendi di agosto. Il fuoco ha bruciato case, uliveti, automobili, il bosco, il casolare, 1500 metri di recinzione. Sono morte 27 capre. Qualcuno ha mandato del foraggio per gli animali vivi. Poi niente.

Servono denaro e aiuti. Lo stato di calamità nazionale tarda ad arrivare. Fate presto. Come quel famoso titolo di giornale.

LOCRI

Passo da Palazzo Nieddu. Qui alle prime Primarie uccisero davanti al seggio Francesco Fortugno, vice presidente del consiglio regionale. Pietro Grasso azzardò paragoni con il caso Moro.

Ci fu reazione. Insorsero sulla scena i ragazzi di Locri grazie allo slogan “Ammazzateci tutti”. Pierluigi Diaco diceva “Siamo tutti calabresi”. Jovanotti in concerto a Locri. La Calabria era diventata un argomento nazionale. Mi sembra tutto lontano. Alla fine ci hanno ammazzato la voglia di riscatto.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE