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Danilo Gatto, direttore artistico del festival

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CAULONIA (REGGIO CALABRIA) – Una zampogna che suona i brani di Franco Battiato, o che fa da perno, grazie a una scoperta sorprendente, alla rivisitazione della musica da camera del barocco napoletano, o degli spartiti dei giganti della classica.

La zampogna che suona con ensemble di archi, fiati, pianoforte, non sono delirio di repertorio o organologia, ma sono testimonianze di possibilità inespresse della cultura tradizionale. Inespresse ma presenti, e che possono servire ancora negli anni 20 del ventunesimo secolo per mostrare e percorrere strade diverse. Tradizione, innovazione, contaminazione fanno parte di un unico percorso.

Lo potremo ascoltare e vedere mercoledì prossimo, 17 novembre, a Caulonia, alla prima delle tre serate della manifestazione Vox Populi, che fa parte del circuito Kaulonia Tarantella Festival. Ci sarà la zampogna a chiave, un po’ la regina di questo genere di strumenti, a dialogare con l’orchestra del conservatorio “Tchaikovsky” di Nocera Terinese.

L’idea è di Danilo Gatto, direttore artistico del festival e autore degli arrangiamenti, oltre che, in passato, protagonista della ripresa popolare calabrese, prima con gli storici Re Niliu, poi con gli altrettanto acclamati Phaleg ben prima che il popolare si cristallizzasse nella forma, perfino troppo tipica per gli anni 90/2000, della cosiddetta “world music”. Non a caso l’apertura della serata è affidata alla “Piva”, tratta dal Messiah di Händel, testimonianza del fatto che la musica classica deve moltissimo alle cadenze, agli strumenti, alle forme musicali popolari. Persino alcuni movimenti della Pastorale di Beethoven sono stati scritti con in mente i “giri” di zampogna, per non parlare delle Mazurke di Chopin, vero trionfo della musica popolare in veste classica.

È straniante (e meritorio, e dovrebbe far riflettere) che uno degli strumenti più antichi del mondo, raffigurato sui pinakes dell’antica Grecia, abbia una vitalità così forte da influenzare la musica dei millenni a seguire: un po’ come un archetipo di Jung e Hillman, la sua influenza continua ad agire, a “mettere in forma” il passato a beneficio del presente. Ci sono poi casi in cui la ricerca porta a ri-scoprire e ricostruire strumenti che sembravano estinti, si pensi a quello che ha fatto Alan Stivell che dagli anni 70 in poi ha reinventato l’arpa celtica, allora scomparsa, e l’ha portata sui palcoscenici di tutto il mondo.

Qualcosa di simile è successo con Marco Tomassi, che solo in base a un paio di raffigurazioni d’epoca ha ricostruito la cosidetta “sordellina” (cornamusa polifonica cromatica con 40 chiavi), una prima cugina della zampogna, diffusa nella corte napoletana nel Sei e Settecento. Tomassi, con la sua “sordellina” eseguirà vari brani, nel corso della serata, insieme all’orchestra e a Eric Montbel, che da anni è al lavoro per diffondere vari tipi di cornamuse. La seconda parte del concerto sarà quella più d’avanguardia: Danilo Gatto, per l’occasione alla zampogna a chiave, eseguirà “Sonata Streuza” dei Re Niliu, tratta dal disco d’esordio che ha fatto la storia della ripresa popolare calabrese: No suli e no luna, del 1984. Seguiranno una serie di cover di brani pop, a dimostrazione della vitalità della zampogna anche in un contesto contemporaneo, e non mancherà, come anticipato all’inizio un brano di Franco Battiato, Stranizza d’amuri. Sulla parabola artistica di Battiato, noto prima come sperimentatore in ambito avanguardistico, poi come cesellatore di brani pop, fruibili, perfino da ombrellone, di originalità assoluta, è stato detto molto.

La cosa che non è stata evidenziata a sufficienza è il suo rapporto con la musica popolare, non solo siciliana. Bisognerebbe ricordare che l’esordio del cantautore di Riposto è avvenuto a Milano, negli anni ’60, con una serie di brani che riprendevano la tradizione siciliana, ma risultavano inventati da lui: un geniale, imprendibile, falso cantautore tradizionale. Ma per Battiato l’uso del dialetto, e soprattutto l’approccio ai testi devono moltissimo alla cultura popolare.

Ecco il merito particolare della manifestazione Vox Populi -che continuerà il 21 novembre con il concerto di Riccardo Tesi, e il 10 dicembre con un’ulteriore produzione originale dedicata al grande ricercatore Alan Lomax, “scopritore” di mostri sacri del jazz, del blues, del flamenco, e della popolare italiana- è evidenziare un filo che unisce la musica tradizionale, quella colta, il pop. Una continuità a volte evidente, a volte nascosta, sempre presente, tra antico e moderno, tra popolare e pop. Una sorta di consapevolezza che dà senso alla sperimentazione, la orienta. E insegna che qualsiasi evoluzione si basa sulle possibilità inespresse della tradizione.

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