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CI sono l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze fisiche della Materia (Cnism) dietro al progetto del primo acceleratore di particelle “compatto”, capace di generare raggi X ad un costo molto più contenuto rispetto agli strumenti tradizionali.

Lo strumento si chiamerà Star e nascerà negli spazi dell’Università della Calabria, nel campus di Arcavacata, in provincia di Rende. Il contratto è stato firmato dai due enti e l’acceleratore è stato battezzato “Star”. Sarà una sorta di “fabbrica” italiana di raggi X. «Prossimamente sarà firmato anche il contratto con l’altro ente coinvolto nella realizzazione della macchina, la Società Sincrotrone di Trieste» ha spiegato Ezio Puppin, presidente del Cnism responsabile della realizzazione della macchina. 

L’università della Calabria è invece responsabile della realizzazione delle opere di impiantistica, di edilizia, di alcuni laboratori e della formazione.   Del costo di 16 milioni di euro (fondi europei gestiti dal ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, Miur), Star è stato progettato da Luca Serafini, dell’Infn ed «è la prima macchina al mondo del genere – ha rilevato Puppin – a racchiudere in un unico strumento le capacità dei grandi acceleratori di particelle, come i sincrotroni e la compattezza dei classici strumenti per le radiografie a raggi X», ma con la differenza che il costo degli acceleratori è dell’ordine di miliardi di euro e una macchina come Star dell’ordine di qualche milione di euro. 

Grazie alle caratteristiche dei raggi X generati, con onde dalla forma perfettamente definita, la macchina, ha proseguito il presidente del Cnism, è particolarmente adatta allo studio dei materiali e alla diagnostica medica perchè aiuta a vedere molto bene, in maniera molto più accurata rispetto ai tradizionali strumenti di radiodiagnostica, quello che c’è dentro il corpo umano. Sarà una struttura di ricerca non limitata alla Calabria e alle zone limitrofe: «Stiamo lavorando – ha sottolineato – per farla diventare un polo di attrazione per tutto il bacino del Mediterraneo e collegarla ad altre infrastrutture di ricerca europea». Nelle regioni del Sud Italia, nonostante i tanti problemi, ha osservato Puppin, «ci sono ottime strutture di ricerca e ottime risorse umane. Il progetto prevede per esempio anche la formazione dei ricercatori, che già è stata avviata, e alla quale stanno partecipando molti ricercatori del Sud con ottimo curriculum e tante esperienze all’estero».

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