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SONO aumentati, nei 30 anni d’applicazione della legge 194, i ginecologi che fanno appello all’obiezione di coscienza. Secondo la relazione annuale trasmessa oggi al Parlamento per monitorare l’attuazione della norma 194/78, quella che autorizzava l’aborto, il dato è aumentato del 17% e attualemte sette ginecologi su dieci dicono di no all’interruzione volontaria di gravidanza.

Il report evidenzia anche notevoli variazioni tra regioni. Percentuali superiori all’80% tra i ginecologi sono presenti principalmente al sud: 88.4% in Campania, 87.9% in Molise, 85.2% in Basilicata, 84.6% in Sicilia, 83.8% in Abruzzo, 81.8% nella provincia autonoma di Bolzano e 80.7% nel Lazio. La Calabria è invece tra le regioni che presentano il maggior numero di anestesisti contrari all’applicazione della legge 194: gli obiettori di coscienza sono il 72%, meno solo di Sicilia (78.1%) e Molise (74.5%). 

E in calo è anche il dato complessivo delle interruzioni volontarie di gravidanza eseguite nel 2012: in Italia sono state 105.968 le procedure, con un decremento del 4,9% rispetto al dato definitivo del 2011 (111.415 casi) e un calo del 54,9% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso alla legge 194 (234.801 casi). 

Ma è dalla Calabria che arrivano storie particolari. Come quella riferita da Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, nel dibattito in corso alla Settimana Sociale dei cattolici italiani. E’ la vicenda di una ragazza calabrese di 14 anni, in ospedale per abortire, che si rivolge al Centro di Aiuto alla Vita per esporle i suoi dubbi. Ma quando una volontaria contatta la mamma, racconta Casini, «si sente rispondere che tutto è deciso e che anzi madre e figlia si stanno preparando ad abortire insieme perchè anche la genitrice è in attesa».

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