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ROMA – «Una mia amica ha fatto allattare il figlio da una balia calabrese, sai cos’è successo? E’ venuto su completamente stupido». Furore, la nuova fiction targata Ares film che partirà il 14 maggio su Canale 5, fornisce un’immagine razzista del Nord? «Ma non siamo ridicoli, visto che la realtà ha superato di gran lungo la fantasia: la mia famiglia ha vissuto sulla propria pelle certe cose trasferendosi da Napoli in Liguria negli anni ’50». Così il produttore Alberto Tarallo oggi in conferenza stampa commenta le polemiche sulla fiction ambientata negli anni Cinquanta che racconta le vicende dei fratelli Vito (Francesco Testi) e Saro Licata (Massimiliano
Morra), che dal Sud emigrano al Nord in cerca di fortuna. 

La loro meta è una ricca cittadina ligure, dove faranno i conti con la borghesia del Nord, poco incline ad integrare nella società i nuovi arrivati. A chi chiede maggiori precisazioni sui suoi ricordi d’infanzia Tarallo dice: «Da Napoli con la mia famiglia ci trasferimmo in Liguria. A un ragazzino presero un quaderno e lo buttarono nella fontana. Nel piccolo centro il razzismo era molto forte. A Genova, invece, come mi ricordava Tullio Solenghi il razzismo non c’era, forse perché era una grande città. A me invece dicevano che puzzavo, così comprai un profumo. Fino a quando ho picchiato alcuni bambini ferendoli: mia sorella mi regalò un sampietrino da nascondere nella
cartella».

La narrazione della fiction dei conflitti sociali ha fatto storcere il naso a qualcuno, che ha accusato la serie di dare una visione razzista del Nord. Secondo gli attori, però, è una polemica priva di fondamento. Il regista Alessio Inturri fa notare: «Abbiamo girato in Liguria, ma non abbiamo nulla contro i liguri. Non abbiamo raccontato una storia realmente accaduta in quei luoghi. Potevamo girare in Piemonte, in Veneto o in Lombardia. In parte perché c’era il mare e poi per il vento. Ma se Furore avesse parlato del Veneto anziché della Liguria non mi sarei sentito offeso: parliamo dell’Italia di cinquant’anni fa» spiega Testi. Anche Morra è dello stesso parere: «Il tema del razzismo è sottolineato, ma non eccessivo. Potrebbero fare più sensazione certe scene calde…».

Diversa l’opinione di Elena Russo: «Qui interpreto Sofia, una donna napoletana che ha sposato un uomo ricco e potente. Ho dato tutta me stessa, perché
sono uscite fuori anche le mie antiche frustrazioni. I napoletani non vengono ben visti in alcuni luoghi, a mia cognata ad esempio a Milano non hanno affittato casa perché è napoletana. Mi sono infatuata professionalmente di Stefano Dionisi». Giuliana De Sio presta il volto a Ira Voglino, una «sindacalista, femminista, comunista, meridionale, una donna pensante, che avrà una relazione con un operaio, Saro. Mi dicono che interpreto sempre personaggi forti, ma io non ho mai visto
personaggi mosci».

In merito ai costi di produzione il direttore della fiction di Canale 5 Antonino Antonucci Ferrara risponde con una battuta: «Il 30% in meno di quello che costano in media le serie della Rai». Francesco Testi, che è Vito Licata, il biondo e muscoloso fratello maggiore dei fratelli Licata, definisce il suo personaggio «basico: si sente di fatto il capo famiglia, colui che da sempre deve fare, senza esserlo, da padre ai fratelli Saro e Rosa e dare sostegno a Rosa». Cosima Coppola parla del «ruolo più maturo mai interpretato: Concetta ha avuto un’infanzia sfortunata, ha subito abusi, si è macchiata di un crimine e si è ritrovata ad assumere una nuova identità. E’ una donna con una vita segnata». 

Quindi Massimiliano Morra sul suo personaggio: «è impulsivo, solo in apparenza più fragile, ma più testardo. Stefano Dionisi è Rino Schivo, «ricco, potente, razzista, non sembra esserci legge morale o religione che possa frenarlo». Alberto Tarallo nota che ancora oggi alcuni politici fanno della loro «filosofia politica l’ostilità verso gli
stranieri». Nel cast anche Angela Molina, Giuseppe de Rosa, Alessandra Martines, Tullio Solenghi.

Nicoletta Tamberlich

(Ansa)

 

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