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A 84 ANNI compiuti recita, dirige, fa i provini, scrive libri e manda avanti il teatro Parioli che dal 2011 porta pure il nome di suo padre Peppino. Ma non si stanca mai? «Finchè c’è la salute no» risponde Luigi De Filippo, accarezzandosi i baffi che ne sormontano il sorriso bonario e rassicurante. Parla a ruota libera, racconta di uomini, di spettacoli, di Napoli e della tradizione di famiglia. E ricorda, soprattutto. Per esempio ricorda di quella volta negli anni Settanta quando proprio al Rendano suo padre recitò per la prima volta una sua commedia. «Si chiamava “Fatti nostri” e fu un successone. Ricordo che il pubblico era molto incuriosito di questo fatto, anzi, all’inizio anche perplesso. Ma alla fine furono solo applausi e risate». Ricorda pure che in Calabria c’è venuto l’anno scorso, a Rende, con “A che servono questi quattrini” di Armando Curcio. E pregusta la nuova discesa in Calabria «dove tanto ormai sono di casa». Quattro date, oggi e domani al Rendano, sabato e domenica al Politeama a Catanzaro. Il testo, stavolta, è di Peppino. “La lettera di mammà”. Ne parla e si illumina. «E’ una commedia del primo periodo dei fratelli De Filippo, scritta negli anni Trenta – racconta – ed è un testo tipico del nostro teatro perchè è denso di umorismo».

Che cos’è l’umorismo? «E’ la parte amara della comicità. Di quella comicità che fa anche riflettere, non solo divertire. E su questo i De Filippo hanno fatto scuola perchè hanno sempre scelto tematiche come il rapporto tra genitori e figli, tra marito e moglie. Attualissimi. Anzi, sempre attuali. Perchè non è vero che chi fa teatro di tradizione non sta al passo coi tempi. Certo, la realtà non è più quella di cinquanta, sessanta o settanta anni fa, ma tocca alla regia e alla recitazione riuscire a venire incontro ai gusti del pubblico di oggi». Fedele al motto defilippiano di un teatro «che serva alla società, che lotti contro l’ignoranza, che punti al recupero dei sentimenti autentici, che riesca a scavare nell’animo umano». Non gli piace la comicità in televisione e non ne fa mistero: «La cultura deve essere tutelata. Qual è il senso di quei comici che vanno in tv e fanno ridere solo dicendo volgarità o parolacce?». Ecco allora “La lettera di mammà”: la ricchezza da cercare a tutti i costi per inseguire una parvenza di felicità. Un classico della nostra drammaturgia, nella commedia napoletana. Il Maestro si illumina ancora: «Napoli è da sempre in emergenza. Una città che spettacolarizza tutto, è nel suo dna, ha tanti problemi ma nell’arte è molto più avanti di tante città italiane. Non è un caso che la tradizione sia vincente anche in un momento di crisi come questo».

Una Napoli che ha appena perso due figure eccellenti come Pino Daniele e Francesco Rosi. «E’ una cosa che addolora – conclude De Filippo – ma per fortuna questa città è una continua fucina di talenti».

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