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ROMA – E’ un successo senza se e senza ma. Anime nere, il film di Francesco Munzi sulla ‘ndrangheta, sbanca letteralmente la sera dei David di Donatello. Il regista, infatti, ottiene ben nove statuette e nel dettalgio: miglior film, miglior regista, miglior canzone originale, miglior produttore, miglior fonico di presa diretta, miglior fotografia, miglior montatore, miglior sceneggiatura e miglior musicista.

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Sul palco del Teatro Olimpico, al termine della cerimonia di consegna dei David Francesco Munzi, ricordando le difficoltà affrontate nel lanciare il progetto, si è detto: «Sono contento per il numero di premi perché va a premiare quello che è stato un vero lavoro collettivo». «Mi stavo scoraggiando – ha spiegato Munzi – ma poi ho incontrato Gianni Amelio, un regista che con il suo cinema sociale è stato sempre un punto di riferimento, sono cresciuto con i suoi film, e lui mi ha dato un consiglio utilissimo – racconta -. Mi ha detto che dovevo essere come una pallina da ping pong che rimbalza contro il muro, tornare a insistere e insistere fino a riuscire a fare il mio film. Ho seguito il suo consiglio e aveva ragione».

La maggiore sorpresa è giunta alla proclamazione del premio come miglior film, Munzi non ci credeva «tant’è – ha riferito – che dopo quello come miglior regista mi ero rilassato, la battaglia era durissima in quella cinquina». 

Munzi, nei ringraziamenti non ha dimenticato la Calabria, che alla sua storia ha offerto la cornice dell’ambientazione, per poi aggiungere che continuare a parlare dell’influenza delle organizzazioni criminali sulla vita della gente, come «ho fatto in Anime nere, è importante, e soprattutto se lo si fa in modo corretto. Io ho scelto le storie delle persone, perché così si sbaglia meno». 

Un successo confermato anche all’estero dove il film «è già stato venduto in 25 Paesi e sta uscendo anche in posti che non ti aspetti, come gli Stati Uniti». Ora «mi godo un pò questo successo ma non bisogna fare troppo le cicale, inizierò presto a pensare al prossimo progetto».

«Vince Francesco Munzi, soprattutto: ha fatto il film che voleva fare, e dentro c’è tutta la sua bravura e la sua sensibilità artistica». E’ il commento di Gioacchino Criaco, lo scrittore calabrese di Africo, autore del romanzo edito da Rubbettino dal quale è tratto l’omonimo film di Francesco Munzi. 

«Accanto a Munzi – ha aggiunto vince la Rubbettino, e Florindo Rubbettino che ha sostenuto il progetto di un libro, prima, e di un film dopo. E poi, libro e film vanno oltre, superano la loro natura artistica per diventare fatto sociale, facendo vincere quella Calabria considerata senza speranza: la Calabria delle rughe della Locride, dei balzi d’Aspromonte. Vincono gli Africoti, i locridei che hanno dato il meglio di loro stessi perché Munzi realizzasse la sua opera. Vincono gli ultimi che hanno dato l’anima, davanti e intorno la camera da presa, per dimostrare che il male non è un fatto genetico, ma un prodotto sociale e basta avere opportunità e il destino muta».

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