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COSENZA – La cantastorie e il professore. La Calabria e la Lombardia. Il Sud e il Nord. Lei e lui. Il tutto che si amalgama, che si lega, che si fonde. Lei è Francesca Prestia, cantautrice che racconta con la sua voce e la sua chitarra la Calabria e i calabresi portando avanti la secolare tradizione dei cantastorie della nostra regione. Lui è Roberto Vecchioni, e il nome dice tutto. Sono saliti insieme sul palco di Musicultura, il festival di Macerata dedicato alle nuove promesse della musica popolare e d’autore contemporanee e hanno cantato “I Agàpi, pirìa tu Thiù!”, un canto in grecanico per raccontare l’amore con parole antiche.

Il titolo significa “L’amore fiamma di Dio”. La canzone è ispirata a “Tragùdi ton tragudìo”, la traduzione del Cantico dei Cantici fatta da Salvino Nucera.

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Emozionata?

«Tanto. Perchè ho coronato un sogno. Non c’è solo la soddisfazione artistica di cantare insieme a un personaggio straordinario».

Cosa c’è di più?

«C’è quella che io considero un’operazione culturale importante per la Calabria. Siamo citati e ricordati solo per la ‘ndrangheta, invece Vecchioni mi ha aiutato a ricordare a tutti che la Calabria è stata la Magna Grecia per il mondo intero».

E questa idea di cantare insieme a chi è venuta?

«A Danilo Mancuso, che è il suo manager e il produttore del mio prossimo disco. Ha sentito la canzone e gli è venuta l’idea di proporre a Vecchioni questo duetto. Ama il greco. E ha accettato subito».

E Vecchioni com’è?

«Un poeta. Un poeta vero. Un uomo di una sensibilità straordinaria col quale dopo dieci minuti, e neppure tante parole, si entra subito in sintonia. Abbiamo provato insieme tre giorni a Milano. Canta l’amore in maniera incredibile. E questa canzone, che ho scritto io, l’ha resa un incanto. L’ho abbracciato alla fine».

Cosa farà al ritorno dalle Marche?

«Sto lavorando a questo cd, credo che uscirà tra l’estate e l’autunno. Sono tredici brani, compreso uno in calabro-greco dedicato alla Madonna nera di Capocolonna, di Seminara, di Rossano. Ci sarà anche la ballata di Lea, finora mai pubblicata su un cd. E poi “Mare nostrum”, sul fenomeno dei migranti».

Che poi è uno degli argomenti più “caldi”, in Calabria in questo periodo.

«Io ho conosciuto una donna che è arrivata ultimamente e ne canto la sua storia. Oggi vive a Lamezia e con la Prefettura per tradurre quello che dicono i migranti agli sbarchi».

La cantastorie a Macerata si è esibita anche da sola, nella tarantella calabrese “Fuja”, ispirata al racconto “La pigiatrice d’uva” di Corrado Alvaro. Con lei sul palco anche un’altra calabrese, Federica Santoro, giovane musicista catanzarese, che ha suonato la lira calabrese.

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