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Se c’è una cosa da sottolineare dopo Juve-Inter, una gara gravida di rancori e polemiche per tutte le cose che sappiamo, è l’atteggiamento dei giocatori di una parte e dell’altra. Migliori di dirigenti e tifosi. Una volta tanto. Fair play e baci abbracci in mezzo a insulti, coreografie di 29 scudetti e parole sopra le righe di qualche dirigente. Classifica come prima. Il Milan è sempre a +4 ma a 9 gare dalla fine. Non tutto è già scritto. E molto dipenderà da quello che farà il Milan in Champions con il Barcellona. A partire da mercoledì prossimo. E staremo a vedere. 

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Ci sono responsabilità nella morte improvvisa, crudele di Vigor Bovolenta? Ora che il suo cuore ha cessato di battere mentre il ragazzone si accingeva alla battuta, sono in molti a domandarsi se Bovo era stato sottoposto a quei controlli che per uno come lui avrebbero dovuto essere particolarmente rigorosi, visto che negli anni ’90 era stato fermato per un po’ di mesi a causa di qualcosa che non andava proprio lì, in mezzo al petto. Questi controlli ci sono stati? Forlì, il suo club, sostiene di sì: che le aritmie degli anni passati erano superate e non si erano mai più manifestate. Ma bastano oggi gli esami a cui si sottopongono gli atleti agonisti? L’overdose di gare e di competizioni non impone forse accertamenti più sofisticati e ripetuti? In Inghilterra ci sono state molte polemiche per l’infarto che ha colpito in campo Fabrice Muamba, ora convalescente. Abbiamo sentito lo stesso Roberto Mancini pretendere controlli più seri, perché la Premier League che pure brilla per spettacolo e organizzazione è invece molto carente sul versante sanitario. Mancini portava ad esempio l’Italia come modello. E per tanti aspetti è vero. Non fosse altro perché abbiamo dovuto piangere molti ragazzi morti sul campo: da Curi a Vendemini, da Taccola ad Ancilotto. Saranno le inchieste ad accertare il perché di questa tragedia. Restano lo sgomento e l’incredulità. Un anno dopo Simoncelli, un’altra domenica triste ricordando anche le emozioni che ci diedero Zorzi, Gardini, Lucchetta, Giani e compagnia bella, una generazione di fenomeni diretti da Julio Velasco che fece innammorare l’Italia di questo sport soffocato troppo a lungo nelle palestre scolastiche nell’ora di educazione fisica (quando si faceva). Bovo acchiappò per ragioni anagrafiche l’ultima grande (e amara) impresa della banda Velasco: l’argento di Atlanta, lui c’era in quella cavalcata stupenda. Perdemmo anche quella finale olimpica con l’Olanda, increduli. Anche il giovane Bovolenta non si dava pace per quel titolo sfumato. Così come tanti oggi non si danno pace per  la sua uscita di scena. Ti sia lieve la terra, Bovo.

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«Non cambia nulla». Solo i campioni come Alonso possono permettersi parole del genere anche nel giorno della vittoria. L’acquazzone e la strategia del box Ferrari hanno sconvolto i pronostici della vigilia, permettendo all’asturiano una vittoria che è di buon auspicio. Per il resto la Ferrari è ancora indietro. Anche la Sauber guadagnava terreno alla fine e c’è chi maligna che quell’uscita di pista di Perez sia stata quasi fatta apposta perché il messicano arriverà presto in Ferrari. Ma è un retroscena un po’ fantasioso.

 

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