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Simulando un tentativo di rapina, il figlio quindicenne con l’aiuto di un coetaneo, ha ucciso a coltellate il papà, Domenico Piccolo, 51 anni (in foto), ambulante con piccoli precedenti penali. I due presunti autori sono stati fermati poco dopo il delitto, avvenuto intorno alle 22,30 di ieri sera a Nicotera Marina, la cittadina turistica sulla costa vibonese. Nei pressi della casa della vittima è stato invenuto il passamontagna, il coltello con cui l’uomo è stato pugnalato e una pistola. Secondo quanto riferito dai carabinieri della Compagnia di Tropea, diretti dal tenente Francesco Di Pinto, Piccolo è stato colpito mentre si trovava in casa con la moglie ed altri due figli minorenni a guardare la televisione. Trasportato all’ospedale di Vibo Valentia dall’altro figlio minorenne, è spirato durante il viaggio. Alla base del delitto pare vi siano stati dei dissidi tra padre e figlio. Ed il giovane appena fermato ha ammesso le proprie responsabilità nell’omicidio. Il ragazzo ed un coetaneo di origini polacche, C.D., sono entrati nell’abitazione di Piccolo col volto coperto da passamontagna e, simulando una rapina, hanno colpito l’uomo con numerose coltellate alla schiena ed al torace. Appena rintracciato dai carabinieri il figlio della vittima ha ammesso le proprie responsabilità ed ha fatto ritrovare il coltello, due passamontagna ed una pistola giocattolo, che aveva gettato in un pozzo vicino all’abitazione. Subito dopo il giovane si è avvalso della facoltà di non rispondere. Secondo i primi riscontri medico legali la vittima è stata colpita con cinque coltellate al petto, sferrate dal figlio quindicenne dell’uomo, mentre un coetaneo originario della Polonia, con una pistola giocattolo teneva sotto minaccia la moglie di Piccolo e gli altri tre fratelli di cui due minorenni e l’altro maggiorenne. Intanto, su ordine del giudice dei minori nel pomeriggio il patologo forense Katiuscia Bisogni effettuerà un sopralluogo sulla scena del delitto, dopodichè domattina procederà all’esame autoptico del cadavere che si trova presso l’obitorio di Vibo Valentia. I due minorenni, pare che fossero anche compagni di scuola, al momento sono accusati di omicidio preterintenzionale, doloso e aggravato dallo stato di parentela. I PRECEDENTI DELLA VITTIMA Roberto Piccolo, un fratello di Domenico Piccolo, ucciso dal figlio quindicenne, è stato arrestato nel settembre 2009, dopo tre mesi di latitanza, per detenzione di armi ed è ritenuto dagli investigatori vicino alla potente cosca dei Mancuso di Limbadi. Domenico Piccolo, invece, aveva alcuni precedenti, ma per piccoli reati. Roberto Piccolo, di 48 anni, è stato arrestato il 3 settembre 2009 dalla polizia a Gioia Tauro insieme al figlio Giuseppe, di 20 anni. I due, nel giugno precedente, erano stati fermati e portati nella caserma dei carabinieri di Nicotera per un controllo, ma avevano aggredito un maresciallo ed erano fuggiti. Dopo l’aggressione, i carabinieri, perquisendo l’abitazione di Piccolo, avevano trovato un arsenale composto da un mitra kalashnikov, un fucile ed una pistola, oltre ad un migliaio di cartucce per le due armi. Roberto Piccolo ed il figlio furono poi individuati a Gioia Tauro da personale della squadra mobile di Reggio Calabria e del Commissariato di Gioia Tauro in un appartamento nel quale furono trovate anche numerose armi. In quell’occasione, la polizia arrestò una persona per favoreggiamento, denunciandone un’altra, ritenute vicine alla cosca dei Piromalli, una delle più potenti della Calabria. Roberto Piccolo è attualmente sotto processo nell’ambito del procedimento «Genesi» scaturito da un’inchiesta della Dda di catanzaro contro la cosca Mancuso. IL PRESUNTO MOVENTE DEL DELITTO Secondo i carabinieri l’ipotesi sul movente dell’omicidio di Domenico Piccolo sarebbe stato legato alle continue violenze che la vittima infliggeva alla madre. Gli investigatori hanno avuto indicazioni che Piccolo, che spesso sarebbe stato ubriaco, picchiava la moglie. Una versione, però, che al momento non è stata confermata dalla donna che ai carabinieri non ha voluto dire niente. Anche il ragazzo, dopo avere ammesso le proprie responsabilità ed avere fatto ritrovare l’arma del delitto, non ha aggiunto altro e non ha spiegato i motivi del suo gesto.

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