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VIBO VALENTIA – «Povertà e disagio sociale sfruttati a fini di lucro». È durissimo il giudizio del gip Fabio Regolo, firmatario dell’ordinanza che ha portato all’arresto di nove persone accusate della maxitruffa dell’Eurocoop, tra le quali funzionari della Regione Calabria e della Provincia di Vibo Valentia, e all’invio di avvisi di garanzia a personaggi in vista della politica locale (LEGGI). Una fotografia «che mette tristemente in luce circuiti viziosi che operano esclusivamente a tutela di interessi di potere, ipotecando così il futuro di una intera comunità. Si vedono pubblici amministratori e funzionari della pubblica amministrazione operare solo nell’interesse di qualche singolo, dimenticando totalmente la collettività amministrata, lasciando così milioni di euro nelle mani di faccendieri». E ancora: «Dirigenti sindacali che partecipano ad accordi presso la Regione con il management di alcune società interessate ai bandi pubblici senza rendersi contro che stavano assecondando elargizioni di enormi somme di denaro pubblico a favore sempre degli stessi lavoratori». Una situazione resa possibile, a parere del gip di Vibo, proprio in virtù di una fitta rete di complicità di funzionari e amministratori pubblici che in spregio alla salvaguardia delle reali esigenze collettive di cui avrebbero dovuto rappresentare insuperabile presidio, hanno pensato solo ad alimentare sacche di potere». 

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Dalle carte emerge, dunque, «l’esistenza di una allarmante gestione e quindi una illecita captazione di fondi pubblici pensati per creare “speranza” in terre, come quella calabrese, martoriate dalla disoccupazione». Secondo il magistrato dell’indagine preliminare, viene posto in evidenza come in questo caso vi sia «molto più che una mera disfunzione amministrativa. Esiste, infatti, un vero e proprio concorso nel reato da parte di funzionari compiacenti, e le erogazioni ottenute da Eurocoop sono da ricondurre a pieno titolo nella nozione di erogazioni pubbliche». Non è, quindi, ammissibile la sovrapposizione (stessi lavoratori e medesimo periodo) con un altro analogo strumento di integrazione salariale avente le medesime finalità e struttura come era stato ravvisato nel bando della Regione Calabria. In buona sostanza, in base al principio del divieto del “doppio aiuto” le singole spese, o quota parte di esse, non possono fruire completamente del sostegno di più di uno strumento finanziario nazionale o comunitario.

L’indagine, come evidenziato dagli inquirenti nel corso della conferenza stampa di ieri mattina presso la procura di Vibo, scaturisce da una attività ispettiva avviata nel 2012 dalla Direzione regionale del Lavoro che aveva interessato alcune aziende, operante su territorio regionale, risultate beneficiarie della cassa integrazione in deroga per verificare la regolarità nell’utilizzo di tale ammortizzatore sociale.

Nel caso dell’Eurocoop il dato di partenza che il gip definisce eclatante, da cui ha tratto origine tutta l’inchiesta “Bis in idem”, è individuato dalla «profonda anomalia offerta dalla sovrapposizione di due istituti già “prima facie” di evidente incompatibilità». In questo contesto, la società si era «inserita riuscendo sorprendentemente ad ottenere – solo grazie alla estrema compiacenza degli organi pubblici preposti alla valutazione dei progetti ed alla effettuazione dei controlli – una cospicua erogazione di finanziamenti in realtà non dovuti». E così, da questa iniziale impostazione, le indagini coordinate dalla Procura ordinaria e condotte da Finanza e Polizia, hanno consentito «di aprire uno squarcio su un vero e proprio “sistema” integrato, da una parte, da una incredibile moltiplicazione di interventi aventi la stessa natura e finalità e da una rete di agevolazioni incompatibili con i finanziamenti ottenuti da parte del Dipartimento 10 della Regione di fondi in totale violazione dei parametri predeterminati dalla legge; dall’altra, di distorcere totalmente le procedure di appalto di diversi enti pubblici, indirizzandone le assegnazioni a favore della Eurocoop da asservire tali procedure agli interessi privati della stessa».

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