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Otto giovani, ripresi dalle telecamere e denunciati. Per cinque ci fu anche il rinvio a giudizio ma a distanza di anni è scattato il non luogo a procedere

di GIANLUCA PRESTIA

VIBO VALENTIA – Non sono bastati ben otto anni per arrivare ad una sentenza chiara di primo grado. Eppure i fatti contestati erano abbastanza gravi visto che si trattava dell’incendio appiccato per gioco, dopo una notte brava, alla stazione di servizio “Esso” di Vibo Marina che avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi.

Per quell’episodio sconsiderato, avvenuto nella notte del 4 gennaio del 2008 i carabinieri, due settimane dopo, denunciarono otto giovani vibonesi tra cui un minore, di età allora compresa tra i 17 e i 26 anni, inchiodati dai filmati delle telecamere di sorveglianza dell’impianto di carburanti. La fiammata generata dalla scintilla di un accendino sulla benzina versata per terra avrebbe potuto raggiungere i 20.000 litri contenuti in quell’impianto scatenando un vero e proprio inferno di fuoco. Fortunatamente così non fu.

Su otto individuati, cinque erano poi stati rinviati a giudizio agli inizi del 2009 e sempre nello stesso anno si era svolta la prima udienza di un procedimento penale che si pensava potesse definirsi in tempi ragionevoli. Così, però, non è stato e la causa si è trascinata per anni, ben otto per l’esattezza, fino ad arrivare, un mese fa, a far scattare la prescrizione dei reati per i cinque imputati tutti residenti a Vibo: Salvatore Franzè, 29 anni (difeso dall’avvocato Santo Cortese); Vincenzo Paternò, 28 anni (avv. Francesco Muzzopappa); Marco Startari, 28 anni, (avv. Salvatore Sorbilli), Giovanni Bagalà, 32 anni (avv. Pasquale Patanè) e Simone Mazzini, 28 anni (avv. Dario Maccarone).

Al giudice Anna Moricca, pertanto, non è rimasto altro che accogliere le richieste dei legali di fiducia degli imputati e pronunciare una sentenza di non luogo a procedere per i i cinque che rischiavano fino a quattro anni ma non avevano “fatto i conti” con la giustizia lumaca che caratterizza il palazzo di giustizia vibonese dove anche un episodio così grave viene archiviato in questo modo.

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