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Maggiore Valerio Palmieri, pm Filomena Aliberti e Concettina Iannazzo

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VIBO VALENTIA – Una volta terminata la caccia all’uomo con la costituzione al carcere di Francesco Olivieri (LEGGI LA NOTIZIA), il 32enne accusato del duplice omicidio, commesso venerdì 11 maggio scorso (LEGGI LA NOTIZIA), di Giuseppina Mollese, 80 anni, e Michele Valerioti, 67 anni, entrambi di Nicotera, le indagini dei carabinieri della Procura della Repubblica di Vibo Valentia si stanno concentrando su alcuni aspetti ancora tutti da chiarire.

Innanzitutto se l’uomo, che nel suo raid ha anche ferito tre persone a Limbadi, prima di recarsi ad uccidere le vittime, sia o meno stato aiutato da qualcuno nella sua fuga (LEGGI DELLA FUGA) durata tre giorni.

L’arrestato ha riferito al gip di essere sempre stato solo nel corso della latitanza ma il maggiore Valerio Palmieri e il pm Concettina Iannazzo che oggi hanno tenuto una conferenza stampa presso il comando provinciale dell’Arma alla presenza del sostituto procuratore Filomena Aliberti stanno verificando l’attendibilità di questa circostanza, come tra l’altro quella della distruzione del fucile nella Fiat Panda dell’assassino (LEGGI LA NOTIZIA), ritrovata bruciata lunedì scorso nelle campagne di Spilinga.

Gli investigatori hanno poi confermato dinamica e scansione temporale dei delitti, con gli spari prima all’auto di un congiunto di uno dei feriti all’interno del bar di Limbadi, quest’ultima, seconda tappa del suo raid mortale, infine l’arrivo a Nicotera e l’uccisione delle vittime. Hanno aggiunto un particolare in ordine ad alcuni colpi esplosi in zona castello, sempre a Nicotera. Intanto, stamani il gip Gabriella Lupoli ha convalidato il fermo del 32enne che nell’interrogatorio di garanzia di ieri, alla presenza dell’avvocato Giosuè Monardo su delega del collega Francesco Capria, ha ammesso tutti gli addebiti a suo carico.

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In particolare, ha chiarito, «in maniera dettagliata e lucida», come «tutte le azioni rispondano ad una risalente e fredda pianificazione, maturata anche con il proprio fratello Alessandro, deceduto per cause naturali nel 2016, e sorretta da uno spirito vendicativo» in ordine all’assassinio di un altro fratello, Mario, avvenuto nel 1997.

L’indagato ha riferito di ritenere Mollese e Valerioti “responsabili, rispettivamente in qualità di mandante e partecipe, dell’uccisione del congiunto a sua volta “sospettato dalla Mollese di essere il killer del proprio figlio Ignazio, ucciso nel 1995, e a suo dire, importatore di droga dalla Colombia»; l’eliminazione di una terza persona, Vincenzo Timpano, scampata alla morte, invece «sarebbe dovuta servire ad impedirgli a parlare di cose illecite con soggetti esponenti di altri ambienti criminali».

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