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Emanuele Mancuso

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LIMBADI (VIBO VALENTIA) – La Polizia di Stato di Vibo Valentia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 18 persone, ritenute responsabili di appartenere ad un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico gestita da Emanuele Mancuso, figlio di uno dei capi dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di Limbadi Pantaleone, alias “l’ingegnere”. Otto persone sono finite in carcere, nove ai domiciliari e per una è scattato l’obbligo di dimora.

L’ANALISI DI GRATTERI E LA CONTRARIETA’ ALLE DROGHE LEGGERE

Nel corso dell’operazione, denominata “Giardini segreti”, coordinata dalla Procura antimafia di Catanzaro ed eseguita dalla Polizia di Stato, con il supporto del Servizio centrale operativo, insieme alle Squadre mobili di Catania, Catanzaro, Cosenza, Messina e Reggio Calabria, i Reparti prevenzione crimine di Vibo Valentia, Cosenza e Siderno, l’Unità cinofila di Vibo Valentia e il Reparto Volo di Reggio Calabria, altre 21 persone sono state indagate, a vario titolo, per associazione per delinquere dedita al narcotraffico e detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti.

Le piantagioni sequestrate

Durante l’operazione, tre piantagioni, per un totale di 26 mila piante di marijuana, sono state scoperte dalla Polizia. Sul mercato avrebbero fruttato circa 20 milioni di euro. Le indagini scaturite dal sequestro, avvenuto a Nicotera, Joppolo e Capistrano, hanno evidenziato, grazie ad attività tecniche ed al supporto della Polizia scientifica, la capacità dell’organizzazione di provvedere a tutte le fasi del ciclo di produzione.

Secondo quanto emerso, Emanuele Mancuso controllava i terreni destinati alla coltivazione della droga grazie all’utilizzo di droni. L’operazione, alla quale hanno partecipato circa duecento agenti della Polizia di Stato, rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa, avviata già dal 2015, che ha permesso di smantellare un’associazione per delinquere finalizzata alla produzione, coltivazione e vendita di sostanze stupefacenti, in particolare marijuana.

L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci.

I semi acquistati online

Emanuele Mancuso, acquistava online semi di canapa indiana e concime, grazie ai quali realizzava la costruzione delle strutture dove piantare i semi, curare la germinazione e la fioritura delle piante, la crescita, la lavorazione e, infine, l’immissione sulle piazze di spaccio.

Le attività erano assicurate da accoliti di Mancuso, ma anche da manodopera reclutata tra extracomunitari. Al riguardo, con la collaborazione delle Squadre mobili di Alessandria, Brescia, Caltanissetta, Catanzaro, Chieti, Genova, Imperia, Lecce, Milano, Napoli, Salerno e Savona, gli investigatori stanno anche effettuando 18 perquisizioni nelle sedi di una società, attiva nella vendita online di semi di canapa indiana, a carico delle quali verrà anche notificato un provvedimento di sequestro preventivo.

Da figlio del boss a collaboratore

Il dato che emerge dall’operazione è che ha iniziato a collaborare con la giustizia (LEGGI LA NOTIZIA) Emanuele Mancuso, figlio di Pantaleone, alias “l’ingegnere”, esponente apicale dell’omonima cosca della ‘ndrangheta di Limbadi.

Le indagini condotte dalla Polizia di Stato che hanno portato a smantellare un’organizzazione dedita alla produzione ed allo spaccio di droga, infatti, sono state suffragate dalle dichiarazioni di Mancuso che ha avviato un percorso di collaborazione con i magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro. Emanuele Mancuso, tra l’altro, é il nipote di Rosaria Mancuso, accusata di essere stata la mandante dell’omicidio di Matteo Vinci, ucciso il 9 aprile scorso con una bomba collocata sotto la sua automobile. Nell’attentato rimase ferito anche il padre di Matteo Vinci, Francesco.

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