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Uno scorcio di Capo Vaticano

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L’OMBRA pesante, a dispetto del suo soprannome, “Siccu”, di Matteo Messina Denaro, il super latitante ritenuto il nuovo capo di Cosa Nostra, si allunga su un investimento turistico in Calabria, dove sarebbero state peraltro rilevate tracce recenti della sua presenza.

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IN CALABRIA DI MATTEO MESSINA DENARO

In particolare, un villaggio turistico con partecipazioni al 33 per cento dell’erede di Totò Riina e le ‘ndrine era previsto a Capo Vaticano. A gettare squarci di luce è il medico ex ‘ndranghetista di Gioia Tauro Marcello Filoreto Fondacaro, che ha reso dichiarazioni alla Dda di Palermo su un importante imprenditore del settore alberghiero finito sotto inchiesta, l’ex patron del Valtur Carmelo Patti, poi deceduto.

Patti, è appena il caso di ricordarlo, era compaesano di Messina Denaro da Castelvetrano.

Lo si ricava dal provvedimento emesso nei giorni scorsi dal Tribunale di Trapani che ha sequestrato un impero da 60 milioni a un ragioniere di provincia, quel Giovanni Savalle divenuto proprietario di uno dei resort più lussuosi della Sicilia, l’ex hotel Kempinsky, nell’ambito di una sospetta escalation. Provvedimento innescato proprio dalle rivelazioni di Fondacaro che racconta anche che Savalle aveva rapporti col latitante di Castelvetrano attraverso il fratello della donna con cui Messina Denaro ha avuto una figlia. L’ex cognato del boss, Michele Alagna, e l’imprenditore dovevano partecipare alla realizzazione di un villaggio a Capo Vaticano che prevedeva appunto la partecipazione al 33% di Cosa nostra e ‘ndrangheta.

Filoreto ha riferito agli inquirenti di aver conosciuto il commercialista nel suo studio durante un incontro a cui partecipò Vito Li Causi, ex parlamentare Udeur nativo di Castelvetrano, poi deceduto, e che soltanto dopo quest’incontro apprese della parentela con Messina Denaro. Proprio Alagna gli avrebbe indicato Savalle come riferimento per un progetto per la realizzazione di un porto turistico a Mazara del Vallo. Nel prosieguo dell’interrogatorio, Fondacaro ha aggiunto di aver chiesto a Savalle se ci fosse un imprenditore «di un certo livello» disposto a realizzare un villaggio turistico in un suo terreno a Ricadi, vicino Capo Vaticano, «una proprietà di circa 20 ettari sul mare… spiaggette private», in quanto in quel periodo era stato contattato da “Viaggi del Ventaglio” che aveva interesse a realizzare un resort per prenderlo in gestione; tuttavia, all’epoca non aveva il denaro necessario per l’investimento.

Sicché Savalle gli presentò il patron della Valtur nel corso di un incontro a cui partecipò pure il commercialista ex cognato di Messina Denaro.

Il progetto prevedeva che Fondacaro (il suo racconto risale al 2015) avrebbe ceduto in permuta il terreno ubicato in Calabria per poi partecipare alla realizzazione di un complesso turistico in Sicilia, in area agrigentina. Il progetto prevedeva una quota del 33 per cento di Patti che rappresentava la parte imprenditoriale e un’altra quota del 33 per cento del commercialista che rappresentava, invece, Messina Denaro e quindi il placet della mafia che avrebbe garantito per la “tranquillità” nella realizzazione dell’opera avendone un ritorno economico. Fondacaro ha detto anche che gli fu proposto di partecipare alla realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti ospedalieri sulla base di un brevetto di un tizio di Partanna che ebbe un seguito in termini di delibere della giunta regionale della Calabria che prevedeva la realizzazione di cinque inceneritori. Ma quando Savalle presentò Patti a Fondacaro, l’imprenditore della Valtur «stava facendo qualcosa nel campo dell’eolico in compagnia di un altro imprenditore trapanese». «Mi dissero se eventualmente avevo un terreno disponibile in Calabria perché loro avevano già realizzato le pale eoliche famose nella Valle del Belice».

E ancora: «Savalle mi disse che questo Patti aveva fatto molto un po’ dappertutto per la Valtur, aveva le mani nella Valtur dappertutto, compreso quel villaggio che c’era a Nicotera… e che poteva essere molto interessato…dopodiché non ha manifestato più l’interesse, io ho lasciato ai miei fratelli quel terreno». Ma quello che rileva, sempre stando alle rivelazioni di Fondacaro, è che il progetto, tramite l’ex cognato di Messina Denaro, aveva «il placet della mafia territoriale, era colui che dava l’assenso a Patti per cointeresenza nell’affare da parte di Matteo, così mi fu spiegato». Del resto, Fondacaro avrebbe dovuto cedere il terreno «in cambio di una realizzazione di un altro progetto di Messina Denaro che si doveva svolgere nell’Agrigentino».

L’investimento, anche senza la partecipazione di Fondacaro, alla fine si fece «sulla strada provinciale che da Castelvetrano porta a Sciacca… tra Sciacca e Ribera… c’è questo grosso complesso».

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