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VIBO VALENTIA – Dieci persone sono state arrestate dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia nell’ambito di un’operazione su falsi e corruzione nella pubblica istruzione scattata alle prime luci dell’alba nelle province di Vibo Valentia, Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria e Napoli. Sequestrate 19 società, operanti nel settore dell’istruzione, per un valore stimato in circa 7 milioni di euro.

Secondo le accuse, dal 2014 ad oggi potrebbero essere stati rilasciati circa 20-30mila attestati con un giro d’affari enorme. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere, corruzione, falso in atti destinati all’Autorità giudiziaria, falso in atto pubblico, abuso d’ufficio e autoriciclaggio.

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L’indagine, denominata “Diacono”, condotta sotto la costante guida del Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia e del Sostituto Ciro Lotoro, è stata avviata a seguito del ritrovamento, il 2 luglio 2020 (LEGGI), di un arsenale di armi (da guerra e clandestine) e ingente somma di denaro presso l’abitazione di Davide Pietro Licata, contigua all’Istituto “Accademia Fidia”, gestito dalla famiglia Licata.

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Tra le persone indagate c’è anche la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria Maria Rita Calvosa, 59 anni, romana, è alla guida dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria dal settembre del 2018, dopo essere stata per dieci anni responsabile dell’ambito territoriale di Latina.

Gli approfondimenti hanno consentito di ricostruire una rete di istituti formativi (paritari e artistici/musicali) che ha illecitamente prodotto, in cambio di denaro o altre utilità, titoli di studio e attestati (oltre che operato fittizie assunzioni), al fine di favorire la partecipazione dei beneficiari a pubblici concorsi per l’assunzione di personale docente e A.T.A. (Assistente Tecnico Amministrativo).

Nell’inchiesta “Diacono” che, partendo dagli arresti e dal ritrovamento, nello scorso luglio, di un arsenale nella sede dell’Accademia Fidia e di 202mila euro in contanti, ha portato alla luce una presunta compravendita di diplomi e altri titoli scolastici, è stato arrestato l’ispettore del Miur, Maurizio Piscitelli, nella cui abitazione in Campania sono stati trovati 160mila euro in contanti.

Secondo quanto emerso dalla indagini, Piscitelli «aveva il compito di controllare l’istituto Fidia per tentare di dimostrare la legittimità dell’Accademia».

Il patto corruttivo e le intercettazioni

L’inchiesta ha svelato che sarebbe stato un vero e proprio patto corruttivo quello messo in atto da Maurizio Piscitelli, ispettore del Miur, Giovanni Carbone e la dirigente dell’Usr Calabria.

Carbone aveva partecipato nel novembre 2020 al concorso per ispettore del Miur riuscendo a piazzarsi al settimo posto non entrando nella cerchia dei tre vincitori. E pertanto si sarebbe rivolto a Piscitelli, componente della commissione giudicatrice, per fare in modo di scalare la graduatoria. Cosa che avvenne, tant’è che dal settimo arrivò al quarto posto. Ed è qui che, in base all’attività investigativa, entrerebbe in campo la Calvosa, presidente della stessa commissione.

«Piscitelli per aiutare Carbone ad acquisire la qualifica – sostengono gli inquirenti – ha tenuto una duplice condotta costituente reato: la prima, avente ad oggetto un abuso d’ufficio laddove ha aiutato Carbone a salire nella graduatoria e la seconda avendo corrotto Calvosa, con la promessa di un suo trasferimento verso Roma, per far acquisire il terzo posto in graduatoria a Carbone».

In una intercettazione Piscitelli riferiva a Carbone l’esito del suo intervento: «Allora, innanzitutto siamo saliti dal settimo…perché io gli ho detto guarda è vergognoso considerando la persona. la statura, considerando il peso che ha nel mondo culturale, nel mondo della scuola, dell’istruzione».

Piscitelli, evidenzia poi che per tentare di far nominare ispettore Carbone debba portare «argomentazioni convincenti» per poter «stringere» una donna di cui non viene fatto il nome ma poi identificata in Maria Rita Calvosa: «Ora siamo rimasti che io per martedì le devo portare argomentazioni convincenti, però. Ho preso altro tempo Gianni, perché questi signori la devono stringere».

Piscitelli aggiunge: «Allora lei sai cosa vuole? Lei vuole avere almeno una promessa che se ne va a Roma?». E rilevano gli inquirenti, dalle parole dell’ispettore del Miur emerge «un allarmante quadro di scambio di favori». Carbone, in qualità di partecipante al concorso, e «sfruttando anche i suoi legami di natura massonica, a sua volta «si relazionava, su indicazione del Piscitelli, con dirigenti centrali del Miur, al fine di fare ottenere alla Calvosa l’utilità consistente un ruolo dirigenziale a Roma».

Il “mercimonio” della scuola

Per il procuratore di Vibo «l’indagine ha portato a svelare la presenza di una commistione di interessi attraverso le società in capo agli indagati e alcune direttamente riconducibili all’ispettore attraverso il figlio Christian. In alcune occasioni si è stabilito che la consegna dei soldi all’ispettore avveniva all’interno di confezioni di bottiglie di rhum o in telefonini e questo rappresentava il prezzo della corruzione sui 300-500 diplomi ceduti dall’Accademia Fidia finalizzati ad una loro rivendita».

L’indagine ha anche stabilito che un singolo diploma costava sui 2.000 euro, evidenziando la presenza di «legami massonici tra alcuni degli indagati. Nel luglio scorso, a casa di Licata – è stato riferito nel corso di una conferenza stampa – avevamo rinvenuto mantello, guanti, medaglioni e il legame tra questi e alcuni degli arrestati nasce proprio attraverso la massoneria. Inoltre abbiamo documentato, anche se gli accertamenti al momento non sono conclusi, che ci si era prodigati per far trasferire la dirigente del Miur Calabria, Maria Rita Calvosa, a Roma attraverso questa fratellanza e pertanto erano stati avvicinati alcuni funzionari del Ministero dell’istruzione. Figure che non risultano indagate nell’inchiesta in quanto estranee ai fatti».

Lo sforzo investigativo ha consentito di fare luce anche su un’ulteriore episodio di corruttela, finalizzato a conseguire l’attribuzione di importante incarico istituzionale nell’ambito del Ministero dell’Istruzione, a beneficio di una Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria.

Secondo il procuratore Falvo, si tratta di «una indagine molto delicata, nel campo della pubblica istruzione che ha avuto un prologo nel luglio del 2020 con arresti e con il rinvenimento di un arsenale nell’Accademia Fidia e di 202mila euro in contanti che sembravano di provenienza illecita».

«Da quell’episodio – ha aggiunto Falvo – è partita una serie di attività investigative e tecniche e ambientali che ha portato al rinvenimento di un vero e proprio mercimonio della funzione pubblica, con la vendita di migliaia e migliaia di attestati, diplomi e master che, immessi nel circuito nazionale, hanno condizionato il mercato del lavoro. Se pensiamo ai tanti ragazzi che studiano con tanta fatica e sudore affrontando prove d’esame e redigendo curriculum reali, questa cosa fa molta rabbia».

«L’entità è dimostrata – ha detto ancora il procuratore – dalle somme trovate stamani: 700mila euro. Tra l’altro, uno degli indagati era arrivato a dire che per fare i soldi non fosse necessario fare ciò che fanno i malandrini perché bastava una risma di carta. E tutti i componenti dell’associazione hanno messo in atto qualsiasi metodo illegale per procedere alla vendita dei diplomi».

 

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