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Nicholas Green

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VIBO VALERNTIA – «Non abbiamo mai voluto vendetta, solo la giustizia. Sono gli italiani a dover valutare se abbia realmente scontato la pena». Così Reginald, il papà di Nicholas Green, commenta all’Ansa la notizia, pubblicata dal Corriere della Sera, della richiesta di grazia da parte di Michele Iannello, boss della ‘ndrangheta condannato all’ergastolo per aver ucciso il bimbo americano i cui organi furono donati a ben 7 persone.

A 22 anni dalla morte, a far parlare ancora di Nicholas, solo pochi giorni dopo la morte di Andrea Mongiardo, il giovane che ne aveva ricevuto il cuore (LEGGI), è la richiesta di grazia inoltrata al Capo dello Stato da Iannello.

L’omicidio era avvenuto il 29 settembre 1994 nel corso di una sparatoria, per uno scambio di persona, sull’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, mentre la famiglia Green era in vacanza in Italia. Ad essere condannati, con una sentenza confermata dalla Cassazione, Francesco Mesiano e Michele Iannello, che non ha peraltro mai ammesso la sua colpevolezza.

«Le vittime – commenta Reginald – fanno molto male i giudici, quindi il mio parere circa la sua richiesta di un perdono è troppo soggettiva per essere di valore. Sono gli italiani che devono chiedersi – sottolinea Reginald – se un uomo che è stato condannato all’ergastolo e ha ammesso una serie di omicidi, ma ha vissuto fuori dal carcere per anni con la sua famiglia, abbia pagato il giusto prezzo per aver preso la vita di un bambino di 7 anni».

Il pentito calabrese Iannello, ai domiciliari, è sposato e vive nel Nord Italia con la moglie e i due figli. Gli italiani, prosegue papà Green, «nella loro valutazione, dovrebbero anche soppesare il fatto che questi due uomini sono stati rappresentati per tutta la durata del processo da alcuni dei migliori avvocati in Italia e presumibilmente hanno potuto avere tutte le informazioni su come attenuare la loro punizione».

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