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Wanda Ferro in Consiglio regionale

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VIBO VALENTIA – Partita chiusa, il posto nell’assemblea regionale resta di Wanda Ferro. Anche il Consiglio di Stato, dopo il Tar Calabria, ha respinto il ricorso presentato da Giuseppe Mangialavori, leader provinciale di Forza Italia.

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DEL CONSIGLIO DI STATO SUL RICORSO DI MANGIALAVORI

La vicenda aveva origine dopo che, con propria sentenza, la Corte costituzionale dichiarava parzialmente incostituzionale la legge elettorale regionale che aveva escluso Wanda Ferro dall’ingresso in seno al Consiglio Regionale.

I giudici amministrativi avevano successivamente dichiarato la decadenza dalla carica di consigliere regionale di Mangialavori (LEGGI LA DECISIONE), eletto con la lista della Casa delle Libertà, disponendo che al suo posto facesse ingresso in Consiglio proprio Wanda Ferro, candidata alla presidenza della Giunta calabrese nel 2014. Sempre i magistrati avevano scritto la parola fine alla querelle sorta tra chi doveva lasciare l’assemblea calabrese (Mangialavori ed Ennio Morrone) determinando il primo come designato all’esclusione.

L’attuale coordinatore provincia di Forza Italia di Vibo, aveva quindi presentato ricorso al Tar vedendoselo respingere, e successivamente al Consiglio di Stato con analogo esito.

Consiglio che così ha motivato la decisione: «A parte il seggio occupato di diritto dal Presidente della Giunta regionale e quello attribuito al candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del precedente, tutti i seggi vengono attribuiti alle liste circoscrizionali». E poiché l’articolo 5, comma 1, della legge costituzionale 1/1999 «fa riferimento all’“ultimo dei seggi eventualmente spettanti alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere”, non sembra possa operarsi alcuna distinzione tra i 24 seggi attribuiti proporzionalmente e gli ulteriori 6 seggi attribuiti dall’Ufficio Centrale Circoscrizionale, ma deve riguardarsi solo all’ultimo dei seggi attribuito “alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere”». Inoltre, i 6 seggi, attribuiti con sistema maggioritario, e con premio di maggioranza eventuale al fine di disporre di un correttivo idoneo a garantire stabilità governativa e al contempo tutelare le minoranze, «sono attribuiti successivamente, e quindi i consiglieri eletti con il metodo proporzionale godono di un maggiore consenso elettorale ponderato. Perciò, in linea di principio, individuare il perdente seggio nell’ambito dei secondi, anziché dei primi, non risulterebbe coerente rispetto al principio di corrispondenza tra la volontà popolare e rappresentanza».

Quanto fin qui affermato – «al fine di respingere la pretesa, del secondo votato della lista regionale del candidato miglior perdente, a subentrargli dopo le dimissioni, al posto del candidato di una lista provinciale collegata a detta lista regionale» – sulla differenza sostanziale tra i seggi assegnati col proporzionale e quelli assegnati col maggioritario, «presupponeva l’esistenza di liste regionali distinte da quelle circoscrizionali», tuttavia l’ulteriore osservazione del Tar, secondo la quale in Calabria, all’esito delle operazioni elettorali del 28 e 29 marzo 2010 era stata adottata una soluzione del tutto analoga a quella ritenuta corretta, «coglie un aspetto che, pur non vincolando l’applicazione della norma in questione, appare non privo di significato, posto che tale interpretazione non risulta abbia dato luogo a contenzioso».

IL COMMENTO DI GIUSEPPE MANGIALAVORI

«Rispetto incondizionato per la decisione del Consiglio di stato che sancisce la mia definitiva decadenza dall’assise regionale, conseguenza di una legge pasticciata e cervellotica. Nonostante le prospettate buone ragioni difensive, il Vibonese così è privato del contributo del loro eletto (7400 i voti confluiti sulla mia candidatura)».

Giuseppe Mangialavori così ha commentato la decisione dei giudici aggiungendo che «durante l’esercizio del mandato mi sono occupato, prioritariamente, di cultura, turismo, sanità, ambiente, trasporti, lavoro e ogni decisione è sempre stata orientata dalla necessità, morale prima ancora che politica, di porre in primo piano, nell’agenda del governo regionale, le ragioni di chi vive in una condizione di disagio o sofferenza. E ciò nonostante un’azione di governo tutt’altro che esaltante. L’amministrazione targata Oliverio si è dimostrata, infatti, totalmente priva di efficacia ed incisività; l’immobilismo e un orizzonte tutt’altro che profondo hanno scandito, fin qui, la sua azione di (non) governo. L’auspicio è che i rappresentanti della Calabria e soprattutto quelli del Vibonese difendano ogni comprensorio regionale e proiettino le loro iniziative verso obiettivi alti e concreti. Considero un privilegio – ha concluso – avere offerto il mio tempo ed ogni risorsa politica e umana per la comunità calabrese. Un onore che rappresenterà l’incipit di nuove battaglie politiche per una Calabria definitivamente emancipata da ogni ritardo con la storia. Questa esperienza non mina neanche lontanamente la mia fiducia nella democrazia e della sua capacità di rendere omaggio, in modo ineguagliabile, alle legittime speranze dell’uomo».

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