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La riesumazione del feretro di Nicola Colloca

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VIBO VALENTIA – Premeditazione e omicidio del prossimo congiunto (quindi la consanguineità) sono le aggravanti contestate stamani dal pubblico ministero Ciro Luca Lotoro nei confronti di Caterina Gentile, 50 anni, di Vibo e Luciano Colloca, 28 anni, rispettivamente madre e figlio, indagati nella vicenda dell’uccisione di Nicola Colloca, marito e padre dei due, avvenuta tra il 25 e il 26 settembre del 2009. Lo stesso pm ha contestato sempre l’aggravante della premeditazione nei confronto di un altro indagato, Michele Rumbolà, 64 anni, di Vibo.

Insieme a loro, rischiano il processo, Caterina Magro, 44 anni, nata a Vibo, ma residente a Terni; Nicola Gentile, 57 anni, di Vibo e Domenico Gentile, 45 anni, di Arena, cognati di Nicola Colloca. Accuse di favoreggiamento invece per altre due persone Domenico Antonio Lentini, 58 anni, e Romanina D’Aguì, 54 anni, entrambi di Vibo Valentia.

LA SVOLTA NELLE INDAGINI DOPO IL DELITTO

Cambia, dunque, nuovamente il capo d’imputazione dopo che, nell’autunno scorso, l’ufficio di procura aveva specificato meglio le condotte degli indagati. Le difese di Gentile, Colloca e Rumbolà, hanno chiesto i termini a difesa per visionare e valutare al meglio le nuove contestazioni mosse ai rispettivi clienti e il gup Pia Sordetti ha rinviato l’udienza preliminare al 16 aprile prossimo.

Secondo la prospettazione accusatoria, «a Caterina Gentile, Luciano Colloca e Michele Rumbolà si contesta il reato di concorso in omicidio di Nicola Colloca cagionato attraverso un violento trauma cranico contusivo e fratturativo sulla porzione sinistra della volta cranica che ha prodotto conseguenze encefaliche e anche emorragiche; mentre tutti e tre i soggetti pianificano l’omicidio per motivi economici e sentimentali, il figlio Luciano eseguiva materialmente il reato colpendo il padre con un colpo contundente, il calcio di una pistola. Nicola e Domenico Gentile e Caterina Magro, ritenuta la finta amante dell’infermiere, avrebbero invece agevolato, in concorso tra loro, la morte del 49enne»: in particolare, i «due fratelli avrebbero fornito al nipote l’arma con la quale consumare il delitto. Caterina Magro avrebbe poi dichiarato falsamente di intrattenere un rapporto sentimentale extraconiugale con Nicola Colloca, agevolando e rafforzando un tal modo il proposito criminoso degli ideatori dell’omicidio”.

Quindi, Domenico Lentini e Romanina D’Aguì, «dopo la commissione dell’omicidio, in più occasioni, dalla polizia giudiziaria operante a seguito di formale notifica e in qualità di persone informate sui fatti, avrebbero reso dichiarazioni false». Gli avvocati Francesco Muzzopappa, Enzo Gennaro, Bruno Ganino, Salvatore Staiano e Pietro Chiappalone difendono gli otto indagati mentre il loro collega, Diego Brancia, assiste padre e sorella dell’infermiere – il cui corpo venne rinvenuto bruciato nell’autovettura in una isolata pineta al confine tra i comuni di Pizzo e Maierato – costituitisi parte civile.

Il movente, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbe dovuto a questioni di eredità, 200mila euro che la vittima aveva messo da parte nell’arco della sua vita e che pare non fosse solito elargire ai congiunti.

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