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Il luogo dell'omicidio

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VERGOGNA, che giustizia è questa». Appena il giudice di Torino ha pronunciato la frase “condanna l’imputato alla pena di anni 12”, nell’aula è successo il finimondo. I familiari della vittima, quel Maurizio Gugliotta originario di Francavilla, ucciso da un extracomunitario il 15 ottobre del 2017 a Settimo Torinese. Per quel delitto l’unico imputato, il nigeriano Khalid De Greata, ha ricevuto, al termine del processo in abbreviato, una condanna a 12 anni.

Una pena lieve in parte attesa dopo che l’imputato era stato dichiarato seminfermo di mente da due perizie psichiatriche condotte durante il processo ma che comunque non è stata accettata dalla famiglia della vittima che, come detto, ha manifestato fortissimo disappunto alla lettura del dispositivo. Per il 28enne accusato di omicidio aggravato da futili motivi e tentato omicidio nei confronti di un amico della vittima, la Procura torinese, rappresentata dal pm Gianfranco Colace, aveva chiesto l’ergastolo ma i giudici, al termine del rito abbreviato, gli hanno riconosciuto la seminfermità mentale applicando il relativo sconto di pena.

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Secondo le consulenze, De Greata soffre di “seminfermità mentale e disturbo psicotico con caratteristiche paranoidi” anche se era comunque in grado di stare in giudizio. Il processo però non è riuscito a stabilire perché il 28enne abbia attaccato Gugliotta fin a ucciderlo con una coltellata alla gola e per questo è stata esclusa anche l’aggravante dei futili motivi In vista della sentenza e per chiedere giustizia per il 51enne, lunedì scorso infatti in circa duecento erano scesi in strada a Settimo Torinese mostrando cartelli con le scritte “Giustizia”, “Non c’è pace senza Giustizia” e “Giustizia non è mai vendetta”.

Uno dei figli del commerciante, Daniele, ha sfogato tutta la sua rabbia sul suo profilo Facebook con un post in cui è allegata la foto della tomba del papà: «Non mi sento più di essere un cittadino italiano perché non è possibile dare 12 anni di carcere ad una persona che ha ucciso un uomo a sangue freddo. Questa persona meritava di marcire in carcere e di buttare la chiave. Sono veramente schifato da questa Italia che permette tutto ciò e non difende minimamente i suoi cittadini. Come già stato detto dalla nostra famiglia, in questo modo hanno ucciso mio papà una seconda volta. Quello che Noi volevamo e tutt’ora vogliamo è una cosa sola: Giustizia. Mi chiedo come tutto ciò sia possibile, sono veramente schifato. Ogni giorno devo venire qui a trovare mio padre. Grazie mille. Stato italiano».

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L’omicidio è avvenuto nel corso del mercato di libero scambio “Barattolo” di via Carcano, a Settimo, per cause tremendamente futili: il commerciante avrebbe avuto quale unica, per lui fatale, colpa quella di essere transitato a piedi tra due tendoni in cui operava il 27enne nigeriano mentre era intento ad acquistare giocattoli, una delle sue passioni insieme al collezionare cartoline e al Milan. La discussione aveva lasciato subito il campo all’uso di un coltello con lama di 15 centimetri utilizzato dallo straniero per trafiggere più volte la vittima all’addome e alla gola. Maurizio Gugliotta a Settimo Torinese c’era arrivato verso la fine degli anni ’80. Era partito con tutta la famiglia da Francavilla Angitola. Una persona tranquilla, la dipingono i compaesani, lavoratrice ed attaccata ai suoi affetti più cari: la moglie Carmela e il figlio 20enne. Appena nove giorni prima di essere ucciso aveva compiuto 51 anni.

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