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La conferenza stampa per l'operazione

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VIBO VALENTIA – Violenze psicologiche, pressioni e ricatti per indurre Emanuele Mancuso, “rampollo” dell’omonimo clan della ‘ndrangheta di Nicotera e Limbadi, a interrompere la collaborazione con la giustizia avviata nel giugno 2018. La Dda di Catanzaro ha chiuso l’inchiesta nei confronti di 10 indagati accusati a vario titolo di violenza privata, intralcio alla giustizia e favoreggiamento nei confronti di latitanti (LEGGI LA NOTIZIA).

Sono tutti accusati di aver posto in essere condotte (aggravate dalle modalità mafiose) finalizzate a convincere il collaboratore a lasciare il programma di protezione, ritrattare le accuse e non deporre nei processi. A tale scopo avrebbero anche minacciato Emanuele Mancuso di sottrargli la figlia di poche settimane e tentato di convincerlo a farsi passare per pazzo.

Tutto inutile perché Emanuele Mancuso, in un primo tempo fuoriuscito dal programma di protezione, ha poi ripreso a collaborare con la giustizia accusando anche il padre ed il fratello di gravi reati. Tutti gli indagati avranno ora venti giorni di tempo per chiedere al pm di essere interrogati o presentare memorie difensive.

In questo contesto era nata l’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia, coordinata dalla Dda, che aveva portato all’arresto di Giuseppe Salvatore Mancuso (30 anni), fratello del pentito, di Giovannina del Vecchio (51 anni) la madre; e Rosaria Del Vecchio (54 anni) la zia. E stessa sorte era toccata a Francesco Paolo Pugliese (18 anni). Ma in tutto erano state 10 le persone indagate. Si erano aggiunte infatti altre sei, tra le quali spicca anche l’ex compagna del collaboratore di giustizia, Nensy Chimirri, per la quale è stata disposta dal gip la misura del divieto di dimora in Calabria.

Gli altri per i quali il magistrato non aveva ritenuto raggiunta la necessità di emettere un provvedimento cautelare sono la escort dominicana Maria Luisa Borrome (41 anni), presente con i due giovani al momento dell’irruzione dei carabinieri; Antonino Maccarone, 33 anni, Desiree Antonella Mancuso (28 anni) e Pantaleone Mancuso, 59 anni, detto “l’Ingegnere”, boss e padre del pentito.

«Ritratta o tua figlia non la vedrai più» era questa una delle frasi che Emanuele Mancuso avrebbe sentito dire dai suoi cari nel momento in cui aveva deciso di avviare il suo percorso di collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Prima le offerte di soldi, poi le minacce, fino alla delegittimazione.

Successivamente si sarebbe passati agli affetti più intimi dell’ex rampollo del casato mafioso di Limbadi: la figlioletta appena nata. Ecco perché il giovane pentito ad un certo punto ha iniziato a vacillare, ma anche di fronte a quella terribile prospettiva di non vedere la bimba, non ha ceduto proseguendo il proprio percorso collaborativo.

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