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Una marcia in memoria di Francesco Vangeli

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VIBO VALENTIA – Si conclude con una condanna a 30 anni di reclusione il processo, celebratosi con le forme del rito abbreviato, a carico di Giuseppe Prostamo, accusato di concorso nell’omicidio e soppressione di cadavere di Francesco Vangeli, avvenuti, secondo la prospettazione accusatoria, nella notte tra il 9 e il 10 ottobre del 2018, con il corpo del 26enne che non è mai stato ritrovato.

La sentenza è stata pronunciata in tarda mattinata dal giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Logozzo, il quale ha però escluso l’aggravante mafiosa del delitto.

Accolte le richieste avanzate dalla Dda (direzione distrettuale antimafia) nella persona del pm Annamaria Frustaci; altre contestazioni riguardavano l’accusa di detenzione e porto illegale di una pistola che, nel corso del 2017, secondo le indagini, Giuseppe e il fratello Antonio avrebbero affidato alla vittima affinché la conservasse per loro conto.

Per entrambi, poi, anche la contestazione della detenzione di un fucile, mentre è stata pronunciata l’assoluzione per il reato di percosse in ordine ad un episodio verificatosi il 7 gennaio del 2019 quando era stato indicato, insieme ad altre persone, quale autore di un pestaggio ad una persona rimasta ignota.

Prostamo è stato altresì condannato al pagamento di una provvisionale di 40mila euro, delle spese processuali e dei danni nei confronti delle parti civili da liquidarsi in separata sede; parti civili che sono la mamma di Francesco Vangeli, Elsa Tavella, in proprio e in qualità di tutrice di Mariangela Prandini, Valerio Vangeli, Marco Vangeli e Federico Vangeli.

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Questo è solo uno dei tre filoni aventi ad oggetto l’omicidio del 26nne di Scaliti di Filandari. In Corte d’Assise infatti è imputato il fratello Antonio, mentre altre tre persone risultano indagate tra Dda e Procura ordinaria.

Il delitto avrebbe due moventi: uno passionale in quanto la ragazza di Vangeli, Alessia Pesce (indagata) sarebbe stata contesa da Antonio Prostamo; l’altro afferisce ad un presunto debito di droga maturato dalla vittima nei confronti di Giuseppe Prostamo e alla mancata restituzione di un’arma ai due fratelli di San Giovanni di Mileto.

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