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Il delfino morto lasciato davanti l'azienda di Patania

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VIBO VALENTIA – La sesta udienza dell’escussione del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena al processo “Rinascita-Scott” ha avuto una falsa partenza a seguito di due istanze presentate dagli avvocati Michelangelo Miceli per la posizione di Domenico Cugliari e Vincenzo Gennaro sulla possibilità di revocare le quattro udienze previste per il mese di agosto (dal 2 al 5) in quanto non vi è l’urgenza della celebrazione.

Alla seconda il pm della Dda, Antonio De Bernardo, si è opposto rilevando, tra le altre cose, come questo sia «invece un processo connotato da una urgenza permanente».

Il Collegio giudicante presieduto dal giudice Brigida Cavasino (a latere Gilda Romano e Claudia Caputo), dopo una breve camera di consiglio, ha rigettato la richiesta ma, venendo incontro alle difese, ha annunciato la possibilità di anticipare le chiusure giornaliere delle udienze in quei giorni. Pertanto anche i primi giorni di agosto saranno dedicati all’escussione del pentito Arena, che – superata la fase delle richieste della difesa – ha potuto iniziare la sua deposizione con la sottoposizione dell’album fotografico di persone imputate e non.

CHI È DOMENICO TOMAINO

“Il Lupo”, cognato di Salvatore Morelli, gravitava «prima nel gruppo di Andrea Mantella e poi era in quello nostro, occupandosi per lo più di portare imbasciate anche se spesso non erano corrette. Fu lui a mettere con mio cugino Michele Pugliese Carchedi il delfino morto davanti l’attività di Francesco Michelino Patania, alias “Ciccio Bello”. Inoltre, era attivo nel campo dell’usura e più di una volta è venuto da me e da Francesco Antonio Pardea per acquistare droga che poi rivendeva, e incontrava i Bonavota di Sant’Onofrio, i Maiolo di Gerocarne, i Piccolo di Nicotera che sono parenti di Pardea e che durante una estate avevano trafficato mezzo chilo di cocaina nella zona di Pizzo».

Arena ha parlato anche del pestaggio ad opera di «Domenico Pardea proprio nei confronti di Tomaino» con l’utilizzo di un bastone: «Lo massacrò», aggiunge il pentito, raccontando poi che sarebbe stato sempre “Il lupo” ad «incendiare il furgone al commerciante di mobili e computer Fausto De Angelis».

Arena ha riferito anche della cessione di «una pistola calibro 6,35 ad un avvocato (non indagato, né imputato), che mi aveva avanzato una richiesta in tal senso, in quanto lo doveva dare ad un ragazzo, amico stretto di Tomaino e Startari. L’arma però era difettosa e gliene procurai un’altra, una calibro 38, per 700 euro e lo scambio avvenne nei pressi dell’obitorio dell’ospedale di Vibo».

In precedenza l’arma fu utilizzata per commettere alcuni danneggiamenti: «Il danneggiamento alle serrande della Tecnocasa a Pizzo, gestita dal figlio di Saro Pugliese, a quelle di un bar sito vicino il Cinema Valentini, di proprietà di uno dei Gentile (Tobba), ad un autolavaggio ubicato nel quartiere Cancello Rosso e infine fu usata nella sparatoria a Piazza Municipio in cui rimase ferito Mirco La Grotteria durante la diatriba tra Domenico Camillò e Loris Palmisano».

IL DELFINO SULLA SPIAGGIA E L’INTIMIDAZIONE A PATANIA

Siamo marzo del 2017. Salvatore Morelli, racconta il teste per averlo appreso da quest’ultimo e da Pardea, voleva rifarsi degli accordi che l’imprenditore Francesco Michelino Patania (imputato al processo) aveva con Andrea Mantella, che si era pentito l’anno precedente, finalizzati a dare un aiuto alla consorteria: “Siccome faceva orecchie da mercante, Morelli voleva dargli un avvertimento. Un giorno, passeggiando per le spiagge di “Trainiti” con Gregorio Niglia, detto “Lollo”, vide spiaggiato questo delfino morto. Lo nascondono tra gli scogli incaricando Domenico Tomaino di prenderlo e questi, insieme a mio cugino Michele Pugliese Carchedi, lo lasciarono di fronte l’ufficio della “Patania Costruzioni” Per quel che so, Patania non pagò l’estorsione, perché lui non ne pagava, né diede aiuto alla consorteria”.

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