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L'area interessata dagli avvenimenti

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GEROCARNE (VIBO VALENTIA) – Un’operazione dei carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno è stata messa a segno a Gerocarne in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di tre persone, padre e due figli. Agli arresti domiciliari sono finiti Giuseppe Donato, classe 1969, Salvatore Donano (classe 1994) e Peppino Donato (classe 1998), tutti residenti a Gerocarne accusati a vario titolo di estorsione aggravata ai danni dell’avvocato del Foro di Vibo, Rosario Lo Preiato, e dell’incendio del capannone di proprietà di una persona che aveva lavorato nel fondo agricolo del professionista su mandato di quest’ultimo. 

Secondo le indagini svolte dagli inquirenti, i tre sono ritenuti responsabili di estorsione aggravata e continuata ai danni di un avvocato vibonese, del danneggiamento seguito da incendio di un capannone avvenuto nell’ottobre 2017 e di detenzione e porto di pistola.

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 L’avvocato è stato fatto anche oggetto di altri danneggiamenti a partire dal 2015 con l’esplosione di alcuni colpi di pistola contro il cancello e alcuni bidoni dell’acqua presenti nel suo terreno, sito in località “Cerasara”, sul quale erano tornati a rimettere gli occhi i componenti della famiglia Donato. Una vicenda, questa del terreno conteso, nata nel 2005 e culminata nel giugno del 2010 con il tentato omicidio dell’avvocato ad opera proprio di Giuseppe Donato supportato dal fratello Francesco. In quell’occasione il professionista rimase gravemente ferito dai colpi di pistola e riuscì a salvarsi soltanto perché rispose al fuoco. Per entrambi sono state emesse condanne in via definitiva dalla Cassazione.

Il fondo agricolo, dell’estensione di 700 mq, era sito nel territorio di Gerocarne ed è confinante con quello della famiglia Donato. Decisive si sono rivelate ai fini dell’indagine condotta dai carabinieri di Serra e Soriano, le informazioni rese dalla parte offesa a seguito dell’incendio del capannone, avvenuto nel 2017. I militari, quindi, hanno ricostruito le intimidazioni verso l’avvocato vibonese più volte minacciato di morte anche mediante l’utilizzo di una pistola indebitamente detenuta. Tali minacce, che sono iniziate nel 2015 e si sono protratte sino ad oggi, sono state indirizzate sia all’avvocato e sia a tutte le persone che di volta in volta venivano individuate dal legittimo possessore del fondo per recarsi nel terreno conteso.

L’atteggiamento intimidatorio adottato dai due figli e dal padre, Giuseppe pregiudicato, era volto a far desistere, oltre al proprietario del fondo stesso, tutti i potenziali acquirenti del terreno e non in ultimo, il proprietario del capannone incendiato. Non è un caso, infatti, secondo gli inquirenti coordinati dal capitano Marco Di Caprio (supportato dai marescialli Massimilano Staglianò, Barbaro Sciacca e Ferdinando Pellino, che oggetto del danneggiamento seguito da incendio del 15 ottobre 2017 sia stato proprio il trattore utilizzato il giorno precedente per completare i lavori nel fondo agricolo dell’avvocato. Da qui l’accusa per i tre indagati, ai quali sono stati concessi i domiciliari, nonostante il pm Concettina Iannazzo avesse richiesto per tutti il carcere, che si sarebbero procurati un ingiusto profitto consistente nel possesso ed utilizzo del fondo ai fini del pascolo con conseguente danno per il legittimo proprietario che non avrebbe potuto esercitare liberamente il suo diritto di proprietà.

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