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Francesco Annetta

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VIBO VALENTIA – «Di ritorno dall’università lo scorso 9 ottobre i pensieri erano tanti, ma mai avrei potuto credere che quel virus di cui tanto si sente parlare in tv potesse riguardarmi personalmente. Eppure di lì a poco mi avrebbe dato del filo da torcere». A raccontare la sua storia legata al coronavirus è Francesco Annetta, 24 anni, che finalmente dopo 46 giorni e 4 tamponi «di cui uno andato disperso» è risultato negativo e quindi guarito. Di conseguenza «sento il dovere e la necessità di raccontare quanto vissuto, sapendo che il peggio è ormai alle spalle».

Francesco, un ragazzo che tutti conoscono bene nel paese di Acquaro, ha rispettato meticolosamente tutte le norme e questo ha fatto sì che non contagiasse nessuno, nemmeno i suoi genitori con i quali vive sotto lo stesso tetto «ma purtroppo non sono bastate a proteggermi da un nemico che si insinua dove meno te l’aspetti pronto a colpirti quando meno te l’immagini». Le foto di quei giorni, a casa, in ambulanza, in ospedale, «sembrano essere solo un brutto ricordo» ma Francesco invita tutti a rispettare le norme per proteggere se stessi e gli altri, pensando a come «un virus ormai morto e che non colpisce i giovani – evidenzia – sia stato in grado di ridurre un ragazzo di 24 anni con una salute di ferro. Ora sto bene, ma nonostante ciò, mi ritengo tra i fortunati che, in un modo o nell’altro, hanno vinto questa battaglia senza subirne le più gravi conseguenze. Molti però – prosegue Francesco nel suo racconto – stanno ancora lottando contro questo nemico invisibile e a mostrarmeli, non è stata la televisione, ma i miei occhi nei letti accanto al mio in ospedale. E tra loro, purtroppo, qualcuno non ce l’ha fatta».

Il giovane ha voluto poi rivolgere un grazie a «tutti i sanitari che, con amore, mi hanno assistito e curato dei quali, il più delle volte, ho potuto scorgere solo gli occhi e la voce sotto la pesante armatura con la quale lavorano…e dire che noi ci lamentiamo di una misera mascherina indossata pure male! Grazie a coloro che mi han fatto sentire meno solo in queste settimane». Francesco mette in risalto anche la situazione dello Jazzolino che «nonostante stia cadendo a pezzi, è popolato da persone con grande professionalità ed umanità. Una delle cose più brutte di questa malattia – afferma – oltre allo stare male è l’essere soli; quando vedi con i tuoi occhi e provi sulla tua pelle gli effetti devastanti del covid – prosegue – ti passa la voglia di fare il virologo e all’economia non ci pensi proprio. Anzi ti metti a pregare qualcuno lassù nel cielo perché ti faccia morire di fame e non di dispnea. Quando l’emergenza ti travolge in prima persona, tocchi con mano la fragilità del nostro sistema sanitario ridotto all’osso dalla politica e comprendi il perché non regge il sistema sanitario, soprattutto in Calabria».

Nel concludere il suo appassionato racconto invita alla responsabilità: «l’emergenza che stiamo vivendo è di tutti, non solo di chi la sperimenta in prima persona. Dobbiamo giocare questa partita consapevoli che facciamo tutti parte della stessa squadra e ogni componente è fondamentale per la vittoria. Questa è una situazione in cui non si salva nessuno se non si salvano tutti».

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