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Dawda Manneh con la maglia del Bollore

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ADESSO potrà inseguire il suo sogno: giocare a calcio da professionista. Per questo s’era imbarcato nel novembre 2016, da Zebrata, nel Nord della Libia, prima di venire intercettato, insieme ad una trentina di migranti stretti gli uni addosso agli altri a bordo di una bagnarola, nel Canale di Sicilia.

Nella tasca di una giacchetta zuppa d’acqua Dawda Manneh, che oggi ha 23 anni ma allora ne aveva soltanto 18, aveva la lettera di referenza del Bollore Football club, la squadra di terza divisione con cui giocava in Gambia. E’ un bravo centrocampista. Poi il trasbordo sulla nave di soccorso Topaz Commander, lo sbarco a Vibo Valentia e l’incubo. L’arresto per introduzione illecita degli stranieri in Italia, la condanna a cinque anni e mezzo di carcere inflittagli dal Tribunale di Vibo Valentia e la conferma della sentenza da parte della Corte d’Appello di Catanzaro.

Ma c’è una persona che ha sempre creduto in lui, che si dichiarava estraneo alle organizzazioni transnazionali che lucrano sulla disperazione dei migranti: il suo avvocato, Salvatore Perri, ha sempre sostenuto la tesi dell’errore giudiziario. Anche in Cassazione. I supremi giudici hanno ritenuto fondato il suo ricorso e hanno disposto l’annullamento con rinvio della condanna.

Nel solco tracciato dalla Cassazione si è celebrato un processo d’appello bis nel corso del quale si è riaperta l’istruttoria. La Corte d’appello in nuova composizione, con l’ausilio dell’Interpol, ha rintracciato una siriana che era stata sentita dalla polizia giudiziaria e che, collegata in videoconferenza da un Tribunale tedesco, ha specificato che le dichiarazioni rese dopo la traversata erano confuse. Quel giovane gambiano, seguendo le indicazioni dei trafficanti libici che avevano abbandonato al loro destino l’imbarcazione su cui erano i migranti, si era messo al timone per salvare gli altri. Non era un componente dell’equipaggio.

«E’ stato scambiato per uno scafista ma sul barcone, al momento del salvataggio, c’erano solo migranti», spiega l’avvocato Perri. Alle luce delle dichiarazioni il gambiano è stato assolto nei giorni scorsi per non aver commesso il fatto, ma già dopo l’annullamento con rinvio della condanna la Procura generale lo aveva scarcerato.

Manneh, che per un periodo si è allenato col Nicotera, squadra di calcio di prima categoria, adesso si trova a Francoforte. Si allena con una squadra locale e ha un permesso di soggiorno temporaneo in seguito alla richiesta di protezione internazionale. «Non era reato cercare di mantenere a galla un barcone – osserva l’avvocato Perri – in Germania, dove ha un lavoro e frequenta un corso di lingua tedesca, adesso potrà inseguire il suo sogno. Dal Gambia era giunto in Europa per giocare a calcio, i trafficanti erano altri, ed erano di nazionalità libica».

Quella lettera stropicciata del Bollore Football Club Manneh l’aveva mostrata sin da subito ma non servì a farlo assolvere. Se la tiene ancora stretta, come i suoi sogni.

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