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L'operazione dei carabinieri

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VIBO VALENTIA – Risolto un caso di lupara bianca nel Vibonese, avvenuto nel 1990. La Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, ha fatto luce sull’omicidio del 21enne Francesco Covato, già noto alle forze dell’ordine, scomparso per “lupara bianca” a Vibo Marina, trentuno anni fa.

Dopo le indagini, condotte dai sostituti procuratori Antonio De Bernardo ed Andrea Mancuso e svolte dal Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, il Gip del Tribunale di Catanzaro ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del responsabile del delitto.

I carabinieri hanno dato esecuzione al provvedimento nei confronti di Nazzareno Colace, 57 anni, già noto alle forze dell’ordine e contiguo alla consorteria di ‘ndrangheta dei Tripodi-Marino di Porto Salvo e, nel 2016, già tratto in arresto nell’alveo dell’Operazione “Costa Pulita”.

La ricostruzione del delitto parte dalla sera del 23 gennaio 1990 a Vibo Marina, quando Francesco Covato uscì di casa a bordo della sua autovettura, senza più fare ritorno. Le ricerche delle forze dell’ordine, avviate a seguito della denuncia del padre della vittima, portarono al solo rinvenimento della sua automobile, trovata nel parcheggio del Stazione ferroviaria di Tropea. Da allora, nessuna traccia del ragazzo.

Il laborioso lavoro investigativo, ricostruito dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nonostante il lungo arco di tempo trascorso dalla scomparsa, ha permesso altresì di individuare il movente dell’efferato delitto; la sentenza di morte era infatti maturata in un contesto di vendetta personale e di riaffermazione del potere criminale da parte della famiglia Tripodi, egemone del territorio di Vibo Marina-Porto Salvo.

Anzitutto, il Colace ha ucciso il giovane ed occultato il suo corpo, per vendicarsi di un agguato subito da quest’ultimo nel 1987, allorquando fu investito da una pioggia di proiettili mentre percorreva la strada statale 522.

Al contempo, la cosca ha inteso fermare definitivamente l’irruenza del Covato, che da tempo imperversava per le strade di Vibo Marina, commettendo atti intimidatori e reati contro il patrimonio, senza il placet del citato gruppo criminale ed incurante dei dettami imposti dai codici ‘ndraghetistici.

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