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PIZZO CALABRO (VIBO VALENTIA) – Da quando la pandemia è esplosa, soprattutto nei piccoli centri, abbiamo assistito alla rincorsa del pettegolezzo che nell’era della sovraesposizione mediatica e dei messaggi che viaggiano velocissimi su WhatsApp è diventata molto pericolosa. A Pizzo però da un paio di giorni si è andati ben oltre; qualcuno ha pensato bene di fare una foto ad una lista con i dati di almeno 60 cittadini soggetti a quarantena, e di diffonderla.

Nell’elenco oltre a nome, cognome ed indirizzo delle persone era riportata la data di inizio e fine del periodo di quarantena, senza però che fosse riportato il discrimine tra quarantene obbligatorie e fiduciarie. Una diffusione di dati sensibili molto pericolosa, anche perché la lista, così debitamente compilata, sarebbe dovuta essere in possesso solo delle autorità competenti, il che apre un interrogativo su una fuga di notizie che ha del preoccupante e che getta ombre su chi questi dati li manovra per lavoro. E non è detto che l’autorità giudiziaria voglia vederci chiaro per questa gravissima violazione della privacy.

Lo scrittore Alberto Moravia una volta scrisse che «quando le informazioni mancano, le voci crescono», a Pizzo invece sembra che si sia passato il confine tra le sacrosante informazioni da dare per la sicurezza di tutti e quelle che invece rientrano nella sfera privata della vita dei cittadini. È così che le voci sia ergono a verità incontrovertibili suffragate da immagini rubate che andrebbero però lette quantomeno con cognizione di causa per capire che, no, non ci sono positivi tenuti nascosti, o gente che pur avendo contratto il virus fa finta di nulla.

Il fatto ha suscitato l’ira di chi si è ritrovato in questa lista, accusato di colpo di non rispettare le indicazioni della quarantena, con tanto di messaggi sui social. In molti presenti in quell’elenco, infatti, nel frattempo hanno ricevuto in questi giorni il risultato negativo del tampone e quindi sono potuti rientrare a lavoro o comunque hanno ripreso la loro vita di sempre, incontrando magari il vicino di casa che nel frattempo avendo letto anche lui la lista incriminata, che nei messaggi veniva indicata come informazione attendibile, ha lanciato l’allarme. Insomma, un circolo vizioso di accuse e sguardi incriminatori, che in momento del genere, particolarmente delicato, anche sotto l’aspetto delle relazioni sociali, non fa altro che acuire le difficoltà.

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