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L'Asp di Vibo Valentia

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CESSANITI (VIBO VALENTIA) – Un virus ancora incalzante e un sistema sanitario, già di per sé fragile, che mostra continue crepe nonostante l’incessante impegno dei medici in prima linea. Anche nel comprensorio vibonese non mancano le segnalazioni di famiglie lasciate con pochissimi punti di riferimento soprattutto quando il Covid, inaspettatamente, bussa alla loro porta costringendole ad affrontare non solo periodi di isolamento ma anche malesseri tutt’altro che passeggeri.

È quanto vissuto sulla propria pelle da un nucleo familiare del territorio di Cessaniti. A testimoniarlo, una giovane residente: «Il 28 dicembre scorso – ci racconta – a seguito di un contatto con un positivo avvenuto qualche giorno prima, io e la mia famiglia abbiamo fatto un tampone. Inizialmente siamo risultati positivi tre su cinque, successivamente tutti».

La gestione della malattia è stata un percorso ad ostacoli scandito da momenti di difficoltà e grande amarezza: «Scoperta la positività abbiamo contattato subito l’Asp e siamo rimasti in attesa per i tamponi molecolari. Siamo tutti vaccinati con due dosi, premevo con l’Azienda sanitaria soprattutto per mia sorella (12 anni) poiché aveva da poco fatto un vaccino e doveva aspettare qualche settimana prima di ricevere quello anti-Covid e per mia madre (vaccinata), affetta da gravi patologie».  

Ebbene, «l’Asp ha preso per diverse volte i nostri dati ma del molecolare nulla». La situazione si evolve in negativo quando la madre della giovane inizia ad accusare forti malesseri: «Stava così male che non riusciva neanche ad alzarsi dal letto. Tramite il medico di famiglia siamo riusciti ad avere una bombola di ossigeno da usare in caso di peggioramento». Non solo: «Ho anche contattato l’Usca di Tropea più volte, ho spiegato la nostra situazione, lo stato di salute di mia madre ma nulla. Un giorno si è sentita più male e ho chiamato il nostro dottore. Ci ha rindirizzato all’Usca per avere un medico che la visitasse. Sono stati proprio loro a richiamarci in un secondo momento, per accertarsi delle condizioni di mia madre, ci hanno detto come fare le punture. In più aveva la saturazione bassa e secondo i sanitari aveva bisogno dell’ossigeno ma non sapevamo come attaccarlo. Ci hanno spiegato e poi riattaccato. Sono stati momenti di grave sconforto».

Non restava che chiamare il 118 ma, come spiega la giovane, con i mezzi a disposizione le ore più critiche sono state superate senza conseguenze drammatiche: «Mia mamma è una paziente fragile, è cardiopatica, diabetica, obesa, reduce da embolia bilaterale polmonare e in cura con anticoagulanti. Il virus è stato devastante per tutti noi ma soprattutto per lei. Ci siamo sentiti completamente abbandonati. Non voglio puntare il dito contro nessuno, capisco gli sforzi delle istituzioni sanitarie in questo frangente emergenziale, ma trovo ingiusto che nessuno abbia potuto visitarla, aiutarla».

Alla fine «non abbiamo formulato chissà quale richiesta, solo una visita. Questo virus – ribadisce – è terribile perché distrugge fisicamente e psicologicamente. La presenza di un sanitario sarebbe stata di grande conforto ma le cose sono andate diversamente».

Qualche giorno fa «la negativizzazione di tutta la famiglia è stata accertata con test in farmacia. Siamo provati ma stiamo meglio. Restano strascichi, soprattutto per mia mamma, speriamo di aver superato il peggio». 

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