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VIBO VALENTIA – «Ho seguito tutte le procedure di sicurezza, mi sono messo in contatto con le autorità sanitarie, mi sono chiuso volontariamente in quarantena. Possiamo dire lo stesso di altri?».

Il suo nome, per ovvi motivi di privacy non lo faremo. È la persona residente nel territorio comunale di Briatico risultata l’altra sera positiva al Covid-19. In queste poche ore è stato il bersaglio indiscriminato di una serie di insulti e minacce sui social, anche piuttosto pesanti che l’hanno spinto a contattare il Quotidiano del Sud per raccontare la sua versione dei fatti e tranquillizzare tutti.

L’interessato si trova nel piccolo borgo costiero dalla fine ai febbraio, quando ancora non era stato emesso alcun decreto e si è messo immediatamente in isolamento dopo aver contattato il numero 1500. La situazione in quel periodo era ancora fluida, nella Penisola si poteva ancora liberamente viaggiare. Era ancora lontana la decisione del premier Giuseppe Conte di chiudere tutto, o quasi.

«Sono partito da Milano verso la fine di febbraio, in auto», racconta. Chiediamo il motivo: «Era appena nato mio figlio», risponde. «In quel momento ci si poteva ancora spostare nonostante fosse sconsigliato, ma io ho deciso di scendere e al riguardo voglio precisare una cosa per la quale sono stato messo alla gogna al pari di tanti altri che invece non hanno osservato alcuna prescrizione andando in giro e facendo aumentare il rischio di contagi: mi sono attenuto rigidamente al protocollo contemplato nelle direttive del governo. Prima di partire, infatti, mi sono messo in contatto con il numero 1500 annunciando il mio rientro in Calabria dove ho la residenza. Ed una volta giunto in paese non sono certo andato al bar ad incontrare gente, a casa dei miei parenti o a messa. Mi sono rinchiuso in casa in isolamento volontario perché ero perfettamente consapevole di arrivare da una zona a rischio, anche se in quel momento i contagi a Milano erano bassissimi», ha affermato.

Proprio per questo, quando ha saputo di essere risultato positivo al Covid-19, è rimasto anche se qualche avvisaglia, racconta, l’aveva avuta. Ma non ci sta a passare per folle, né per l’untore di turno: «Ma quando mai? Ho visto che mi hanno insultato e minacciato anche pesantemente sui social network, ma io sono completamente diverso da quei soggetti, che tornando in Calabria, e quindi anche nel Vibonese, si sono messe a salutare altre persone. Ho letto finanche che sono andati a dei funerali. Io sono stato responsabile e mi sono messo in quarantena volontaria e, ripeto, avrei anche potuto evitare di farlo in quel periodo perché non c’era alcuna disposizione, ma la mia coscienza mi ha detto di agire in quel modo per tutelare non solo i miei cari ma anche gli altri».

E sulle minacce: «C’è un brutto clima attorno a questa emergenza e spero che tale situazione non degeneri perché la paura porta a perdere il lume della ragione e a fare anche azioni sconsiderate».

Gli domandiamo, quindi, se ha visto suo figlio: «No, assolutamente, e questo è un peso enorme, ma la salute e il rispetto delle regole vengono prima di tutto in questo delicato momento che, mi auguro, passerà presto. Avrò tempo per abbracciarlo, ma non ora».

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