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Secondo uno studio della Cgia di Mestre, a Vibo, nel settore privato in media il guadagno è 13.338 euro all’anno
I lavoratori dipendenti del settore privato più poveri d’Italia sono in provincia di Vibo Valentia. In media portano a casa in un anno solo 13.388 euro. Sono dati diffusi dall’ufficio studi della Cgia di Mestre che, come sempre, fotografano le contraddizioni e il divario tra il Nord e il Sud dell’Italia. Nella speciale classifica, riferita al 2023, Vibo è preceduta da Nuoro (14.776 euro) e poi Cosenza con 14.817. Cifre ben al di sotto della media italiana che si attesta a 23.662 euro.
LO STUDIO DELLA CGIA
Il problema dei lavoratori poveri occupa una parte dell’analisi effettuata dall’ufficio studi della Cgia di Mestre: «Non è riconducibile ai minimi tabellari troppo bassi, ma al fatto che durante l’anno queste persone lavorano “poco”. Pertanto, più che a istituire un minimo salariale per legge andrebbe contrastato l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto».
AL NORD STIPENDI MEDI PIÙ ALTI
A Milano, e la cosa non stupisce, gli imprenditori hanno erogato gli stipendi medi più elevati: 34.343 euro. Seguono Monza-Brianza con 28.833 euro, Parma con 27.869 euro, Modena con 27.671 euro, Bologna con 27.603 euro e Reggio Emilia con 26.937 euro. La Cgia aggiunge pure un commento: «In tutte queste realtà emiliane, la forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto ha garantito agli addetti di questi territori buste paga molto pesanti».
A VIBO LA MAGLIA NERA
Vibo occupa un’altra maglia nera nel report della Cgia di Mestre. Si tratta del dato riferito alla media dei giorni di lavoro. In provincia di Vibo la media è di 193,3 giorni all’anno, quella italiana è 246,1. «Ovviamente, – si legge nel report – nelle aree geografiche del Paese dove le ore lavorate sono più elevate, anche la produttività è maggiore e conseguentemente gli stipendi e i salari sono più pesanti».
I GIORNI DI LAVORO
Mentre al Nord si lavora in media 255 giorni all’anno, al Sud appena 228. In altre parole, gli occupati del Nord ogni 12 mesi timbrano il cartellino 27 giorni in più rispetto ai colleghi del Sud. «A pesare è il lavoro nero e il precariato». Due mali storici del Meridione chiamati in causa anche in questo ultimo studio. Gli operai e gli impiegati con il maggior numero medio di giornate lavorate durante il 2023 sono stati quelli occupati nella provincia di Lecco (264,9 giorni). Seguono i dipendenti privati di Biella (264,3), Vicenza (263,5), Lodi, (263,3), Padova (263,1), Monza-Brianza (263), Treviso (262,7) e Bergamo (262,6).
AL SUD SI LAVORA MENO
«Non certo perché al Nord impiegati e operai siano degli instancabili eroi, mentre al Sud ci sia una diffusa presenza di “scansafatiche” che evitano uffici e fabbriche. Assolutamente no, la chiave di lettura non può essere fondata su questi luoghi comuni». La Cgia di Mestre mette subito le cose in chiaro. «Al Sud si lavora meno – si legge nel report – per almeno due ragioni strettamente correlate. La prima. È dovuta a un’economia sommersa molto diffusa che nelle regioni meridionali ha una dimensione non riscontrabile nel resto del Paese che, statisticamente, non consente di conteggiare le ore lavorate irregolarmente. La seconda è imputabile a un mercato del lavoro che nel Mezzogiorno è caratterizzato da tanta precarietà, da una diffusa presenza di part time involontario, soprattutto nei servizi, da tanti stagionali occupati nel settore ricettivo e dell’agricoltura che abbassano di molto la media delle ore lavorate».
LE RETRIBUZIONI
E le retribuzioni? Nel 2023 quella media giornaliera in Italia era di 104 euro lordi, al Sud non supera i 77 euro. Per quanto concerne la produttività, invece, al Nord era superiore del 34% rispetto a quella presente nel Sud.
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