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VIBO VALENTIA – “Labbicì. Acqua bene comune”. Un documento crudo, essenziale, che va dritto al punto. Racconta la lotta del comitato civico Pro Serre e dell’associazione Il Brigante che, nelle serre vibonesi, si battono per la chiusura del bacino idrografico della Lacina, meglio noto come lago Alaco. Ma racconta, soprattutto, una storia da “manuale” di sopraffazione e misfatti, legata all’approvvigionamento idrico di più di quattrocentomila persone in tre province calabresi.
Il documento, una video-inchiesta, lo firma il “nostro” Angelo De Luca, vibonese, trent’anni, collaboratore del Quotidiano della Calabria che, grazie a questo lavoro, ha conquistato il primo premio di “Generazione reporter”, concorso per video-giornalisti emergenti promosso dalla trasmissione Servizio pubblico di Michele Santoro. Ora lavorerà per sei mesi nella redazione del noto format televisivo. «Sarà un’esperienza esaltante – dice a caldo – così come lo è stata partecipare al concorso». Nei sette minuti di “Labbicì”, Angelo De Luca condensa le paure e le amare certezze della gente, la resistenza e le lotte dei comitati, le vicende giudiziarie legate al “lago malato”, lanciando, di fatto, un severo monito a chi non può e non deve chiudere gli occhi di fronte allo scempio compiuto ai danni di migliaia di cittadini calabresi. Scelta coraggiosa la sua, supportata da un’alta cifra giornalistica, che gli è valsa il più ampio consenso della giuria “popolare” costituita dagli utenti sostenitori di Servizio pubblico e dagli abbonati de il Fatto quotidiano.
A “Labbiccì” sono andate il 59% delle preferenze. Gli altri due finalisti hanno ottenuto il venti per cento circa dei voti. Un consenso confermato dai dati di pubblico della trasmissione Announo, nel corso della quale è stato presentato il video, e dalle moltissime condivisioni ottenute sul web. In finale De Luca ci era arrivato grazie ad un altro lavoro, “U ciucciu chi vola”, girato a Riace, in cui ha raccontato l’esperienza d’integrazione dei migranti attraverso l’espediente dell’asino che, in quelle contrade, si usa per la raccolta dei rifiuti. Un lavoro, scelto con altri due tra più di cento video in concorso, sul quale la giuria tecnica non ha avuto dubbi (in particolare Carlo Freccero e Sandro Ruotolo hanno molto apprezzato) premiando Angelo De Luca con il pass per la fase finale e mettendo a sua disposizione un’intera troupe di Servizio pubblico per la realizzazione del servizio nelle Serre.
«Nei miei lavori ho voluto far vedere, forse per la prima volta su un media nazionale, quella parte di Calabria che vale e si fa valere» ha detto Angelo De Luca parlando del premio. «Storie di accoglienza e inclusione sociale come a Riace o di giovani che hanno scelto di ribellarsi e lottare per difendere il diritto a restare nella loro terra senza essere avvelenati, come succede a Serra San Bruno. Due aspetti di una Calabria poco conosciuta, al di là della facile retorica che la vuole terra di ‘ndrangheta e malaffare. Sarei potuto andare in tutta Europa, ma ho scelto di giocare in casa e far emergere quello che di buono c’è qui».
C’è, evidentemente, una forte dimensione di denuncia sociale nel documentario premiato. Nasce anche sulla scia delle vicende giudiziarie legate all’Alaco, ora sotto sequestro, e all’indagine “Acqua sporca”, in cui dirigenti e tecnici Sorical sono finiti sul banco degli imputati per avvelenamento colposo. «È vero – conferma il reporter – il mio vuole essere un messaggio inequivocabile alla politica del “non fare” che ha cercato in tutti i modi di insabbiare la storia dell’Alaco e dimostrare che, nonostante i loro sforzi, nonostante se ne parli solo in cronaca giudiziaria, quel bacino di 150 milioni di metri cubi d’acqua non può continuare ad avvelenarci e si deve provvedere al più presto ad un’alternativa».

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