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VIBO VALENTIA – Si riparte. Con tante difficoltà ma anche tante speranze. Con la voglia di riemergere e l’auspicio di lasciarsi alle spalle due mesi terribili. Anche i commercianti vibonesi interessati dalla Fase 2 hanno riaperto stamani i battenti delle loro attività. Abbigliamento per adulti, parrucchieri, bar, pelletteria e via dicendo. Ma le incognite sono tante, come navigare a vista nella nebbia fitta tra gli scogli, è il pensiero comune degli esercenti, il cui nocciolo non muta a seconda delle varie tipologie anche se, inevitabilmente qualche distinzione c’è.

Gel igienizzanti sull’uscio, obbligo di mascherine, percorsi di entrata ed uscita (per chi ha la possibilità) ed ingressi contingentate a seconda della grandezza degli ambienti: da una persona per volta a poco più di una decina.

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Certo, è ancora il primo giorno, e per avere un quadro completo bisognerà attendere. Tuttavia qualche somma la si può tirare. Ad esempio, nei bar ci si immaginava l’assalto alla diligenza, ma nulla di tutto ciò. Facendo un rapido giro per il corso principale del capoluogo ed altre aree limitrofe si comprende bene che la gente è ancora titubante e che la voglia di un espresso al momento non riesce ad aver la meglio sulla paura. Saverio Caprino e Rocco Lico, titolari dello storico locale “Caffè Vittorio”, raccontano di aver avuto un afflusso sotto la media questa mattina: «La gente ancora non si sente sicura, è comprensibile e inevitabilmente rinuncia a caffè e cornetto al bar che sono un “must” per gli italiani».

Afflusso, quindi ridotto in questa prima giornata, ma i due non si scoraggiano certo: «Siamo solo all’inizio, ci vorrà tempo perché il cliente ha bisogno di sicurezze. Noi cerchiamo di dargliele ma poi dipende da lui». Sulla stessa scia un altro commerciante, Raffaele Mancuso, titolare dell’altrettanto storico Caffé Hipponion. Come i colleghi anche lui ha potuto sistemare i tavolini all’esterno, ovviamente a distanza e qualcuno li ha occupati. Ma le cose non vanno propriamente bene: «Solitamente, a quest’ora (sono le 11), avevo già fatto un centinaio di consumazioni, attualmente sono sulla cinquantina – racconta – Confidiamo nei prossimi giorni. Certamente non potevamo più restare chiusi e l’aver anticipato l’apertura è stato un bene. Solo col tempo sapremo se riusciremo a recuperare ciò che abbiamo perso in questi mesi».

Altra categoria che ha aperto i battenti è quella dei parrucchieri: Mimmo Fortuna e Pino Valente le hanno nel centro storico. Lavorano anche su prenotazione. Nel locale del primo c’è già chi si sta facendo tagliare i capelli: «Sì, stamani si sono presentati alcuni clienti – racconta il giovane titolare – ma poca roba». Anche qui gel igienizzante all’ingresso e obbligo di mascherina per chi è in attesa. Al massimo due persone per volta, la grandezza del locale non consente di andare oltre. Ripartire non è facile ma «si sarebbe potuto farlo già dal 4 maggio perché ci saremmo fatti trovare pronti. Invece il governo ci ha imposto di attendere altri 14 giorni che per noi hanno significato ulteriori problemi a livello economico».

Pino Valente lo incontriamo mentre sta trascrivendo un appuntamento. La sua agenda è bella piena. Poco distante l’unico cliente attualmente in sala. Visiera protettiva indossata si accinge a tagliare: «È tutta una grossa incognita, io sto lavorando per appuntamenti e le richieste non mancano, ma certamente sarò comunque in forte perdita rispetto al passato. D’altro canto non si poteva restare più chiusi. Siamo in un limbo, questa è la verità».

Sul corso anche i negozi di abbigliamento per adulti hanno aperto, quelli di Michele Catania, di Gianni, di Maria Grazia Catania e di tanti altri. L’afflusso nelle decine di negozi è esiguo, gli incassi ancor meno, il pensiero comune è quello di trovarsi nella fase più delicata in cui l’equilibrio è precario e lo spettro di un chiusura dietro l’angolo. Ma c’è voglia, c’è speranza «perché di alternative non ve n’erano. Certamente – spiega qualcuno – la situazione si sarebbe potuta gestire meglio a livello centrare pensando una serie di misure più efficaci fin da subito perché si era capito che l’emergenza Covid sarebbe stata anche economica e sociale. Lo si è compreso solo dopo. Speriamo che non sia troppo tardi».

Ma non è tutto qui: qualcuno ha anche lamentato problemi con le aziende fornitrici, molte delle quali stanno praticando sconti irrisori sulle varie merci, 10% e in pochissimi casi si arriva al 30%, alcune addirittura li effettuano «solo se ci riforniamo da loro per la collezione della prossima stagione. Assurdo». E la merce rimasta in negozio prima del lockdown? A parte i franchising, le altre attività devono smaltirla e va comunque pagata. Quando rimetterla in vetrina? In autunno, ovviamente: «Almeno cerchiamo di recuperare qualcosa, ma è dura. Durissima».

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