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FILADELFIA (VIBO VALENTIA) – Dopo diversi rigetti e 20 anni di battaglia legale da parte degli avvocati Angelo Fiore Tartaglia, Pierpaolo De Vizio e Francesco Zoccali, c’è stata una storica sentenza della Corte dei Conti d’Appello di Catanzaro che riconosce il diritto alla pensione privilegiata ad un militare 38enne, R.P., originario di Filadelfia colpito da linfoma di Hodgkin, in passato in servizio presso il II Reggimento Cavalieri dell’Aria “Sirio” di Lamezia.

Una patologia contratta dopo aver partecipato ad una missione militare al confine tra Albania e Kosovo. Zona, la seconda, dove si sarebbe fatto ampio utilizzo di proiettili all’uranio impoverito.

La vicenda.

Il militare, il 18 luglio 2001 è stato incorporato nell’Esercito Italiano, con il VII blocco dell’allora Vfa (Volontario in ferma annuale), presso il II Reggimento Cavalieri dell’Aria “Sirio” di Lamezia Terme, poi promosso caporale l’11 marzo 2002. Dal 9 aprile 2002 al 12 giugno 2002, ha partecipato all’operazione militare “Joint Guardian” del Kosovo, sotto il comando Nato, con funzioni di operatore antincendio assegnato a Durazzo, in Albania. Il 17 luglio 2002 il caporale del II Reggimento “Sirio” è stato collocato in congedo illimitato. Tuttavia, prima della sua partenza per questa missione, è stato sottoposto, presso la struttura sanitaria del Centro militare di Medicina legale di Catanzaro, ai vaccini nonché all’analisi del sangue. Tornato da questa missione, è stato sottoposto alla sola analisi del sangue, ma non ai cosiddetti richiami per i vaccini effettuati.

Attualmente, risulta affetto da linfoma di Hodgkin trattato con chemioterapia che ha determinato un’invalidità pari al 100% «dovuta, – viene spiegato dall’avvocato Tartaglia e dai suoi colleghi De Vizio e Zoccali – quasi certamente a causa del Servizio espletato nell’Esercito Italiano».

Il dato, forse sottostimato.

Secondo un dato, non certo e forse anche sottostimato, si «parla di 4.000 casi – ha affermato Tartaglia, membro anche dell’Osservatorio militare – e un altro parla di oltre 7.600 militari ammalatisi di patologie tumorali. Bisogna distinguere però tra i militari che si sono ammalati in missioni all’estero dove si è fatto largo utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e quelli che si sono ammalati pur stando in Italia, ma presso poligoni di tiro Nato, dove vengono fatti esercitazioni e vengono impiegati ordigni bellici pesanti tra cui parrebbe anche l’uranio impoverito. I decessi, ad oggi e purtroppo, sono oltre 370. C’è la necessità di tutelare i militari nel loro “ambiente di lavoro”».

La sentenza.

«La difficoltà di questo caso – ha affermato l’avvocato Zoccali – consiste in questo: mentre ai militari dislocati in Kosovo, dove è stato utilizzato un munizionamento all’uranio impoverito, viene, in genere ma non sempre, riconosciuto lo “status”, per quelli assegnati in Albania, nonostante l’operatività in Kosovo, ciò non avveniva. Di questi, solo una piccola percentuale (si ritiene circa mille) sono stati assegnati direttamente in quest’ultimo Paese nel luogo dei bombardamenti. La maggior parte dei militari – ha proseguito il legale del caporale 38enne – era stata invece stanziata in Albania o in territori limitrofi e la patologia ne ha colpiti circa 6.000; in base a questo sistema di impostazione giuridica che vigeva in questi anni non avevano diritto alla pensione privilegiata per il semplice fatto che si riteneva che queste nanoparticelle di uranio impoverito non fossero presenti al di fuori del Kosovo».

Una sentenza rivoluzionaria. A parere dell’avvocato Zoccali, il verdetto della Corte d’Appello di Catanzaro è rivoluzionaria perché «riconosce che è l’uranio è pericoloso e con questa semplice frase intendiamo dire tante cose. Esso riconosce il fatto notorio della presenza di uranio impoverito in Albania e riconosce soprattutto che può determinare queste patologie e che i militari, come in questo caso specifico, anche dislocati in Albania, hanno il diritto alla pensione privilegiata. Questi ragazzi avevano difficoltà alla prova del diritto alla pensione proprio perché veniva loro facilmente contestato che la causa dell’insorgere della patologia, pur se fosse stato dovuto all’uranio impoverito, poteva essere stata contratta in altri posti e in altri luoghi in quanto si tratta di malattie e di patologie ad effetto prodromico nel tempo». In sostanza, per Zoccali, non si era «davanti a un militare che, ad esempio, cade da una scala e si rompe la gamba, ma ci trovava davanti ad un giudizio probabilistico che dà una certezza giuridica che riconosce il nesso eziologico, in quanto essendo assegnato a Durazzo, non era in un luogo sottoposto direttamente a bombardamenti e quindi non doveva esserci una presenza elevata di uranio impoverito o di nano particelle, come li si voglia definire. La sentenza riconosce anche che i militari, in sostanza, – ha concluso l’avvocato Zoccali – sono stati fatti oggetto di una dose massiccia di vaccini senza un’idonea valutazione e possono essere concausa di queste patologie».

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