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È il caso, questo, di un uomo di 40 anni, Antonio Sesto, di Vibo Marina. La sua è una storia simbolo di quanto sta accadendo al Dipartimento tutela della Salute di Catanzaro dove il sovrannumero di tamponi sta creando un vero e proprio imbuto con la conseguenza di una dilatazione marcata della tempistica inerente l’attività di processo degli stessi. D’altronde, il commissario straordinario dell’Asp ieri mattina nel corso della conferenza dei sindaci ha riferito che ce ne sono un migliaio in attesa dal Vibonese. E tra questi rientra proprio quello di Antonio il quale, se non fosse per il pericolo di perdere il lavoro, potrebbe anche attendere qualche giorno in più prima di avere il responso. Purtroppo per lui non è così e la possibilità di non essere più chiamato a lavorare – tra l’altro lontano dai propri affetti – è più che reale. Sì perché essere dipendente di una multinazionale del petrolio comporta essere un numero come un altro, uno dei tanti.

La sua storia inizia a poco prima del lockdown di marzo scorso. Antonio si trova in Iraq per conto della Shell. Un periodo caldo, quello, perché la situazione nel Paese del Medio Oriente è particolarmente tesa. Le forze irachene aprono il fuoco contro quelle statunitensi ma la società non dispone alcun rimpatrio per i propri dipendenti. Questo avviene solo nel momento in cui la pandemia inizia ad avvolgere il globo intero. Il 40enne di Vibo Marina torna, quindi, a casa, da sua moglie e dai suoi figli e lì vi trascorrerà i prossimi 9 mesi.

Finisce la primavera, passa l’estate e arriva l’autunno. Antonio resta fermo, senza lavoro, senza poter avere la possibilità di provvedere al sostentamento dei propri cari. Lungimirante ha messo da parte i soldi del lavoro in Iraq ma anche quelli prima o poi saranno destinati ad esaurirsi. Spera in una nuova chiamata e questa arriva appena pochi giorni fa. «Bene, finalmente si torna al lavoro e si rientrerà a casa poco prima di Natale», pensa Antonio ma non sa che ciò che l’attende sarà una vera e propria odissea.

Sì, perché, per poter partire serve l’esito positivo (o meglio negativo) del tampone molecolare che solo le autorità sanitarie possono rilasciare. L’interessato ha però solo 72 ore di tempo per rispondere alla chiamata della società; più precisamente entro quel termine deve già trovarsi a destinazione. Termine assolutamente sufficiente in situazioni di normalità; tuttavia, come sta avvenendo in questo periodo, di normale non vi è nulla. Anche per l’esito di un tampone. Antonio vi si sottopone lunedì scorso sperando che nel giro di 24 ore possa ricevere il responso. Trascorre non solo martedì ma anche gli altri giorni e il 40enne perde il treno, o meglio l’aereo per Dubai e da lì per l’Iraq. Prova a fare un tentativo disperato partendo alla volta di Roma per imbarcarsi da lì con la Fly Emirates avendo con sé gli esiti degli accertamenti svolti in studi privati che, però, non hanno alcun valore. Ed infatti, arrivato a Fiumicino viene bloccato dalla compagnia aerea e costretto ad imboccare la via del ritorno perché l’azienda ha ritenuto fosse, per lui, la soluzione più sicura.

E adesso cosa succede? Il protagonista di questa assurda vicenda ha ancora una possibilità ma è necessario che riceva l’esito di un nuovo tampone entro quelle 72 ore o rischierà, questa volta davvero, di restare senza impiego. E pertanto si è affidato all’avvocato Marianna Zampogna per sollecitare le autorità sanitarie che però fino a ieri sera non hanno dato risposta. Una corsa contro il tempo, dunque per il 40enne di Vibo Marina.

«Una situazione che fa davvero rabbia – commenta l’interessato – perché non dipende da me. Non so davvero più davvero come fare, sta di fatto che questa situazione finisce col danneggiare me e la mia famiglia perché mi si sta negando un diritto, anzi due: quello di essere informato e quello di poter lavorare e sostenere la mia famiglia. Dopo 10 mesi di fermo ne ho assoluta necessità. Mi sono rivolto all’Asp per i primo tampone e mi hanno messo in lista ma ho fatto presente la mia esigenza di ricevere l’esito a stretto giro di posta, tant’è che ho allegato alla comunicazione anche il biglietto aereo prenotato dalla società per la quale lavoro. Tutto inutile. Nessuna risposta. Sto ancora attendendo il responso e siamo a giovedì…», afferma sconsolato. Però, come detto, un’ultima possibilità di non perdere il posto esiste: «Devo rifare tutta la trafila del tampone e mi auguro che questa volta riescano a darmi l’esito in giornata altrimenti perderò il lavoro. La società mi ha dato un’altra possibilità altrimenti chiamerà qualcun altro». Fa notare, Antonio, che se tutto andasse a buon fine tornerebbe a casa dopo Natale ma questo adesso poco importa: «È vero, le tradizioni vanno rispettate e duole molto non poter trascorrere le feste con la mia famiglia, ma in questo momento la priorità e lavorare proprio per consentire a mia moglie e ai miei figli di continuare a fare una vita normale. Il Natale? Lo festeggeremo insieme il prossimo anno». 

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