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Stefano Santaguida

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JOPPOLO (VV) – Recentissima la notizia di uno studio sulle cause della chemioresistenza delle cellule tumorali. Il “padre” di questa importante ricerca, sostenuta anche da Fondazione AIRC, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Developmental Cell è il Professor Stefano Santaguida, originario di Joppolo, e coordinatore di un gruppo internazionale di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università Statale di Milano.

Il giovane joppolese, trasferitosi a Milano dove è sposato e padre di una bambina, dopo aver concluso la scuola superiore presso il Liceo Classico “Bruno Vinci” di Nicotera ha intrapreso gli studi Universitari presso l’Università di Pisa laureandosi con il massimo dei voti. Tante le esperienze scientifiche di Stefano Santaguida tra le quali segnaliamo: attività di ricerca presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano, presso la Cleveland Clinic di Cleveland (Ohio, USA) e un dottorato di ricerca in Medicina Molecolare presso l’università di Milano.

A seguire è stato ricercatore presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge, USA. Nonostante la notorietà, il suo rapporto con il paese d’origine, dove abitano i genitori e dove ogni estate trascorre le vacanze – era a Joppolo fino a Ferragosto – non è mutato, come non è cambiato il suo modo gioviale di rapportarsi con i tanti amici rimasti a Joppolo. Tornando alla scoperta del meccanismo con cui la cellula tumorale costruisce una
barriera in grado di bloccare l’azione dei farmaci anticancro, rendendola inefficace, lo studio rileva che all’origine del temuto fenomeno ci può essere una nota anomalia cromosomica chiamata “aneuploidia”, ovvero una variazione nel numero di cromosomi, presente nella maggior parte dei tumori.

«Il nostro lavoro – ha spiegato il professor Santaguida – dà un contributo importante alla comprensione delle cause della chemioresistenza. Abbiamo dimostrato che la cellula tumorale è capace di sfruttare la propria instabilità genetica, sopravvivendo così anche in condizioni di stress importante, quale l’attacco mortale di un farmaco chemioterapico. Tutto sembra partire dall’aneuploidia, un cambiamento del numero di cromosomi, che risulta in un patrimonio cromosomico (o cariotipo) diverso dalle cellule normali e caratterizzato da instabilità genetica. Questa instabilità è alla base del “caos cellulare” caratteristico del cancro, che manda in tilt il normale funzionamento della cellula. È come se le cellule stessero continuamente “rimescolando le carte”. Questo continuo rimescolamento può essere sfruttato da una cellula tumorale, che così sopravvive. Mettendo continuamente sottosopra
il proprio corredo genetico, quando viene attaccata da una molecola di chemioterapico può selezionare meglio il suo “poker d’assi”, cioè il cariotipo capace di resistere al farmaco. Questo può spiegare perché in alcuni pazienti la chemioterapia a volte non raggiunge i risultati desiderati».

L’aneuploidia è presente nel 90% circa dei tumori solidi e nel 75% di quelli ematologici ed è da tempo oggetto di studio del gruppo di Santaguida, prima come bersaglio per colpire il tumore e ora anche come strumento per combattere la resistenza ai farmaci.

«L’implicazione clinica della nostra scoperta è molto rilevante – ha concluso
Santaguida – il nostro obiettivo è inserire l’analisi del cariotipo nello studio del profilo del tumore, che già oggi effettuiamo e che ci permette una cura più precisa. Lo studio paziente per paziente del cariotipo delle cellule tumorali, se confermato in studi preclinici e clinici, potrebbe essere un passo in più verso una medicina più efficace e precisa. Se individuiamo quale cariotipo provoca chemioresistenza, possiamo capire da subito quale combinazione di farmaci utilizzare per evitare tale fenomeno e fornire trattamenti maggiormente in grado di eradicare le cellule tumorali. I dati della ricerca oncologica mondiale confermano che per trovare la cura del cancro, la pillola magica, dobbiamo conoscere l’intimo della cellula tumorale, vale a dire cosa succede al suo interno a livello molecolare. Il nostro studio va esattamente in questa direzione».

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