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AVELLINO- Undici operai uccisi dall’amianto. Ora è un fatto accertato da una sentenza il nesso tra la «strage» degli ex operai di Isochimica, giovani pieni di speranze che tra il 1982 ed il 1988 erano stati reclutati da Elio Graziano per scoibentare carrozze ferroviarie nella fabbrica di Pianodardine, e il contatto con l’amianto killer, il crocidolite. Ben 2276 tonnellate smaltite. La sentenza per le morti di Isochimica, attesa da 36 anni, è arrivata nel primo pomeriggio di ieri. Dopo quattro ore di camera di consiglio il presidente del Tribunale Collegiale di Avelino Sonia Matarazzo (a latere Pier Paolo Calabrese e Gennaro Lezzi) ha letto in aula il dispositivo.

Dieci minuti per fare la sintesi di sei anni di processo e tredici di indagini. Quattro le condanne inflitte, quelle per il capo di imputazione più grave: l’omicidio colposo plurimo di undici operai dei trentatrè uccisi dall’amianto. Dieci anni di reclusione, quanto aveva invocato il pm Roberto Patscot nei confronti di il responsabile della sicurezza di Isochimica, Vincenzo Izzo, e il suo vice, Pasquale De Luca; Aldo Serio e Giovanni Notarangelo, funzionari di Ferrovie dello Stato. Assolti dalle stesse accuse «per non aver commesso il fatto» altri due funzionari di Ferrovie dello Stato, Mauro Finocchi e Silvano Caroti.

I funzionari di Ferrovie erano a processo per l’accusa a causa d un verbale di sopralluogo del 2 agosto 1983 presso l‘a ditta istochimica località’ azienda di pianodardine per verificare le caratteristiche tecniche dello stabilimento e le dotazioni igienico- sanitaria dello stesso per l’esecuzione di operazioni di montaggio, coibentazione dell’amianto, di scoibentazione con prodotti alternativi e rimontaggio dei rotabili avevano attestato che nello stabilimento erano presenti tutti gli impianti per la sicurezza. Circostanza smentita dall’istruttoria in aula. Per questo nei loro confronti il Tribunale ha irrogato la condanna per l’omicidio colposo di undici operai: « Maiello Luigi, Graziano Antonio, Manganiello Alessandro, Picariello Giuliano, De Fabrizio Umberto, Matarazzo Vittorio, Alterio Salvatore, Carperntieri Vittorio, Pellino Umberto, Montanaro Nicola, Ciccone Gianni- Non solo, i quattro condannati, dovranno risarcire in solido tra loro i danni nei confronti degli eredi delle «predette persone offese, costituitesi parte civile, nonché del Comune di Avellino, dell’Associazione Lotta per La Vita, dell’Inail, della Camera del Lavoro-Cgil di Avellino e per i soli Izzo Vincenzo e De Luca Pasquale alla cft uil -Avellino Sannio ».

E solo per le ventotto parti civili costituite come familiari delle vittime si tratta di almeno un milione di euro. Danni e risarcimento in cui è stata chiamata in causa anche Rfi, la Rete Ferroviaria Italiana, erede di Ferrovie dello Stato. Nel dispositivo della sentenza è stato letto infatti anche in riferimento a Rfi: «condanna il responsabile civile in solido con gli imputati Serio Aldo e Notarangelo Giovanni al risarcimento dei danni, al pagamento delle provvisionali e delle spese processuali per la costituzione ed assistenza delle parti, posti a carico degli stessi. Rigetta la domanda risarcitoria formulata da Rete Ferroviaria Italiana quale parte civile costituita » .

Un altro capitolo che si apre. I quattro condannati sono stati invece prosciolti dalle accuse di lesioni gravissime per intervenuta prescrizione. Assolti invece con formula piena, perché il fatto non sussiste, tutti gli altri imputati, che erano stati accusati, a vario titolo, di disastro ambientale, omessa bonifica e omissioni in atti d’ufficio, ovvero l’ex sindaco di Avellino Giuseppe Galasso e tutta la sua giunta di allora, composta da Antonio Rotondi, Sergio Barile, Giancarlo Giordano, Ivo Capone, Toni Iermano, Donato Pennetta, Luca Iandolo e Raffaele Pericolo; i dirigenti del comune di Avellino Luigi Cicalese e Francesco Tizzani; gli imprenditori delle ditte a cui erano state commissionate le prime operazioni di bonifica, Francesco Barbieri, Biagio De Lisa, Giovanni D’Ambrosio, Giovanni Rosti, Francesco De Filippo; i funzionari Asl Michele De Piano e Luigi Borea, il curatore fallimentare della fabbrica Leonida Gabrieli, il responsabile del procedimento di bonifica Giuseppe Blasi e l’ex sindaco di Avellino Paolo Foti. Quest’ultimo si era trovato, appena insediato con la grana della messa in sicurezza dell’impianto e per un periodo tra il 2013 ed il 2014 era finito coinvolto nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Avellino sulla mancata adozione di provvedimenti per la messa in sicurezza dell’area di Isochimica. Le motivazioni della sentenza saranno emesse entro novanta giorni.

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