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Avellino – Crescono le tensioni in tempi di Covid, tra le famiglie, anche se ora le limitazioni sono meno ferree rispetto ad un anno fa. Ma i casi di pressione psicologica, di stalking, o di violenza, continuano ad essere un fatto rispetto al quale non si può prescindere. La consigliera di Parità della Regione Campania, Mimma Lomazzo, ricorda che al dato delle coppie e delle donne per lo più vittime possono aggiungersi anche i familiari, i vicini, che chiamano il 1522. E poi c’è il fenomeno del sommerso, a volte difficile da far emergere. «La situazione non è semplice, e lo sto ribadendo da decenni, le donne che sono vittime di violenza difficilmente vanno a denunciare se sono nell’impossibilità di autodeterminarsi.

C’è bisogno di una sempre maggiore iniziativa politica tesa ad orientare e formare le donne nel mondo del lavoro, tanto che abbiamo promosso dei progetti realizzati in Irpinia per quanto riguarda gli ambiti sociali. Se un minimo di risposta c’è stato, insisto nel dire che questo è un problema che va affrontato sul piano strutturale. C’è bisogno di un provvedimento a livello nazionale, in caso di denuncia da parte di una donna, per attivare una rete di sostegno, dai centri che danno assistenza al supporto legale, allo Stato che si faccia carico economicamente, o attraverso il reddito o tramite percorsi agevolati per inserire la vittima nel mondo del lavoro, per poterla liberare da pressioni e malversazioni». Sono questi i punti dai quali non si può transigere, secondo la consigliera di Parità della Regione, in un tempo in cui il lockdown non sta certo aiutando ad andare avanti.

«Oltre tutti i facili slogan o il predominio dei social, serve fare informazione, anche utilizzando il giusto linguaggio che assegni il giusto ruolo ai generi. Quando si parla di violenza, non si può procedere per compartimenti, piuttosto ogni tassello va incastrato l’uno con l’altro. Con il governo De Luca siamo riusciti a velocizzare, e a coprire il territorio di centri antiviolenza, la Campania è un esempio in tal senso, in ogni provincia, ormai da alcuni anni.

Ogni donna in difficoltà sa dove poter andare, ha un punto di riferimento. Certo, anche qui c’è da lavorare, perché i centri non possono dipendere dall’assegnazione annuale dei fondi, come è avvenuto fino ad ora. Serve assicurare fondi nel servizio sanitario, perché queste strutture siano finalmente a regime, ed alle quali poter fare sempre affidamento, a cui potersi sempre rivolgere. Servizi, questi, che vanno finanziati sempre e comunque, non a tempo, perché la violenza sulle donne è un problema di salute pubblica».

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