X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

AVELLINO – La settimana è cominciata con un altro decesso, un altro paziente ricoverato in Terapia intensiva, presso il Moscati di Avellino. Era un 73enne di Capriglia Irpina, ricoverato dal 13 aprile e poi trasferito in terapia intensiva dal 26.

Una persona molto mite, molto riservata, così lo ricorda il sindaco di Capriglia, Nunziante Picariello, che esprime il suo cordoglio, personale e a nome di tutta la comunità.

Una persona che aveva perso la moglie da diversi anni, padre di tre figli, e la cui mamma centenaria oggi lo piange. Una persona, ci dice sempre il sindaco, che è entrata in ospedale e purtroppo, subito dopo, il caso è diventato molto serio, tanto da dover essere intubato. Il Covid non risparmia nessuno, e questo è il segno dei tempi, tempi molto crudi, spietati, nei quali ognuno piange un conoscente, un congiunto, un parente, un amico. Ma non possono essere tempi di rassegnazione. C’è tanto da affrontare, molto di cui combattere sul piano della ricerca e dell’impegno.

Torniamo a Capriglia Irpina, che è un piccolo paese, che piange questa ultima vittima, ma ce n’è ancora un’altra, un cittadino pure originario del paese irpino ma che è deceduto a Napoli, proprio in queste ultime ore. A novembre scorso la comunità ha dovuto dare l’ultimo saluto ad un altro concittadino. Oltre i comunicati ufficiali, delle aziende sanitarie e ospedaliere, si celano altri defunti, altre persone che ieri c’erano, oggi non ci sono.

L’Irpinia è tra le province che sta pagando il più alto tributo, in fatto di vite umane, e nelle ultime settimane anche rispetto a tutto il territorio regionale. Nelle aree Covid dell’azienda risultano ricoverati al momento 58 pazienti: 4 in terapia intensiva, 34 nelle aree verde e gialla del Covid Hospital, 8 nell’Unità operativa di Medicina d’urgenza, 8 nell’Unità operativa di Malattie infettive e 4 nel plesso ospedaliero di Solofra.

Domenica altri tre decessi, sempre alla città ospedaliera: un 53 enne di Salerno, e due donne, una di Serino di 67 anni, l’altra di San Martino Valle Caudina, di 68 anni. Al Frangipane di Ariano sono ricoverati 5 pazienti su 7 posti letto in Terapia intensiva, 21 in Area Covid, di cui 13 su 16 posti in Medicina e 8 su 10 posti in Sub intensiva, 11 su 12 posti letto sono occupati in Medicina.

Dietro i numeri, ci sono le storie, i drammi di chi combatte, da solo, confortato solo da medici e infermieri. E’ una tragedia, per una piccola provincia, mentre si aspetta come la manna dal cielo l’effetto dell’immunizzazione collettiva, che può arrivare solo tramite i vaccini. Anche qui, c’è da aspettare, visto il ritmo, molto altalenante, e tra tante difficoltà.

La monoclonale era tra le terapie che sono state salutate, accanto alla campagna vaccinale, come quella salvavita. Anche qui, però, andando a cercare e a capire, bisogna fare i conti con la realtà.

E’ del sei aprile scorso la notizia della prima somministrazione in Irpinia di anticorpi monoclonali come terapia per la cura della malattia Covid-19, all’azienda ospedaliera Moscati, ad una 46enne di Avellino che ha potuto beneficiare del prezioso farmaco. La donna, individuata dall’Asl come soggetto in possesso dei requisiti necessari, è stata segnalata all’Azienda ospedaliera Moscati. Arrivata a bordo di un’ambulanza dell’Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) alla Città ospedaliera, è stata accompagnata in un ambulatorio appositamente allestito al pianterreno del Covid Hospital.

Qui il Direttore dell’Unità operativa di Medicina Interna, Ma – ria Amitrano, insieme ad altri collaboratori, ha prima verificato l’effettivo possesso dei criteri di eleggibilità e ha poi proceduto all’infusione del farmaco, ritirato sempre in mattinata all’Azienda Ospedaliera Monaldi di Napoli, dopo aver ricevuto l’autorizzazione da parte dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco. E questi, di fatto, sono i tutti i passaggi richiesti perché la terapia possa essere praticata.

Di fatto, al Moscati, ci si è fermati ai primi cinque pazienti, considerati in via sperimentale. Altre richieste, al Moscati, non ne sono arrivate. Il motivo: tutte le pratiche, dopo quelle prime cinque sperimentazioni, sono in carico all’Asl, azienda alla quale fanno riferimento i medici di medicina generale. Sulla base di precisi requisiti, molto ristretti, molto relegati a determinati parametri e a determinate patologie, i medici fanno richiesta all’Asl, non al Moscati. L’Asl indirizza presso il centro Mabs di Ariano Irpino, dove si praticano le terapie del caso. Ad oggi, stando ai numeri che ci arrivano da Ariano sarebbero meno di venti le persone che hanno potuto beneficiare della terapia. Una terapia considerata sostanzialmente “di nicchia”, cioè talmente collocata in determinati parametri da considerarla solo per poche persone, come poi i numeri raccolti ci stanno dicendo. La guerra sembra che non abbia mai una cura, che poi è quella che serve. nè una sola risposta a tante domande. E la pandemia continua a mietere vittime.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE