X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

Savignano–Centottanta secondi. Quelli che dopo la lastra e la polmonite interstiziale riscontrata dai medici del Pronto Soccorso del Rummo, e’piombato nell’incubo del Covid. Quattordici giorni dopo il suo primo messaggio e’ rivolto a tutti quelli che per fortuna quella esperienza non l’hanno vissuta: “La vera liberta’ ora è stare a casa”. E’ una delle cose che Riccardo Bove, 46 anni, l’operaio della iIIA, l’ex Irisbus di Flumeri che dopo quattordici giorni di isolamento nel Reparto di Malattie Infettive del Rummo di Benevento, martedì ha potuto fare ritorno nella sua abitazione di Savignano Irpino, dove la moglie e i suoi due bambini, il piu’grande 7 anni e la più piccola sei, sono ancora in quarantena, quella scattata dopo che il 18 marzo Riccardo era stato ricoverato come sospetto Covi-19 nella struttura ospedaliera sannita. “La gioia di rivedere la mia famiglia e tornare a casa. Anche mia moglie e i bambini sono ancora in quarantena ma ora so che presto ci riabbracceremo, appena sarà finita questa settimana e il periodo di quarantena che devo osservare insieme ad altre misure precauzionale. Per ora ci siamo riabbracciati solo con il pensiero” Cosa ha pensato quando ha saputo l’esito del tampone o meglio, quando ha scoperto di essere positivo al virus? “Non ho dovuto attendere il tampone. Quello è stato una conferma. Mi hanno dato un primo esito all’istante. Dopo tre minuti mi hanno detto: sei positivo. Il tampone l’ho fatto il giorno dopo, il diciannove ed il venti e’arrivata la conferma che ero positivo. Tutto è iniziato quando ho iniziato ad accusare un dolore forte alla schiena che mi arrivava fino alle gambe, non mi sono preoccupato subito, pensavo fosse dovuto al lavoro, poi il giorno dopo ho iniziato ad avere qualche brivido, dolori alle ossa e mi sono misurato la febbre. Avevo 37.3. Ma ho iniziato a preoccuparmi solo quando vedevo che l’influenza non mi passava: sono stato ben cinque giorni con lo stesso livello di febbre. Il 18 marzo ho deciso di andare al Pronto Soccorso ed ho avuto la notizia”. Come sono stati i giorni in ospedale? “E’ stata dura. Quando ti dicono che sei positivo, poi devi stare in isolamento nel Reparto di Malattie Infettive senza poter vedere nessuno, tranne in mattinata il dottore e la signora delle pulizie. Poi tutto a telefono. Anche le comunicazioni con i medici che sono stati di una grande professionalità. Mi chiedevano al telefono di misurare la febbre o la saturazione” E quando vi hanno comunicato che i due tamponi erano negativi e quindi che avevate superato quel momento critico e sconfitto il virus? “La gioia. Mi sono detto: ce l’ ho fatta. Visto che da quello che si vede in tv questo virus ha fatto migliaia di vittime. Allora ho pensato : grazie a Dio sono stato miracolato. Perche’ non è facile e semplice superare una cosa del genere. La paura ci sta, il timore è tanto”. Se doveste mandare un messaggio a quelli che per fortuna non hanno contratto il virus e però soffrono per la quarantena forzata? “Per esperienza, visto che vi ripeto ho fatto sacrifici in questi giorni di ricovero in Ospedale in isolamento, stare a casa per me oggi e’ la libertà. Per cui ecco, quando fai un’esperienza negativa nella vita, quando ti capita qualcosa di così brutto, basta una condizione migliore e ti puoi sentire libero, qualunque essa sia. Se possono stare a casa e’ la cosa più giusta e sicura per gli altri e per loro stessi. Questo secondo me è il messaggio che deve arrivare” Avete ricostruito i contatti che avete avuto prima di contrarre il virus? “E’ una cosa che mi hanno chiesto il novantanove per cento di amici, colleghi e parenti. Ma come si può fare a ricostruire senza un momento preciso. E’ una cosa che non si può capire così facilmente. Se la febbre mi è arrivata il giorno undici e’molto probabile che il virus lo abbia contratto il 3 o il 4 marzo. Come faccio a ricordare quei giorni. So bene che mi fermo al negozio, che vado in Parafarmacia, che prelevo al bancomat e al bar. Ma come faccio a sapere precisamente dove ho contratto il virus? Questo è un mistero”. Non siete stato alla festa che è stata una dei presunti punti di contagio? “No, a quella festa non ci sono stato. Ma voglio dire un’ultima cosa”. Dica.. “Questa è una fucilata che non sai da che parte arriva. Per cui esci fuori, perché comunque anche dopo sei o sette giorni uno dovrà pure approvvigionarsi. Così esci e sta questo cecchino che ti colpisce da dietro. Perché puoi anche non uscire e poi vai a fare la spesa e te lo becchi. Il problema e’questo. Per cui dalla mia esperienza ho compreso una cosa fondamentale, oltre ad osservare la quarantena e’ importante proteggersi. La mascherina è fondamentale. Se noi tutti mettessimo la mascherina eviteremmo che quella gocciolina o qualsiasi cosa finisce su qualcosa che ti porti a casa e la frittata e’ fatta”.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE