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E’ vero: lo spettacolo non è stato bello. Tra Renzi e De Mita non c’è stato un vincitore. Ha perduto la politica. La fretta dell’uno si è scontrata con la lentezza dell’altro. Per il premier è stato gioco facile mettere in difficoltà l’ex segretario nazionale della Dc. Portandolo sul terreno della rissa lo ha intimorito. Non gli ha dato il tempo per i suoi storici ragionamenti. Renzi ha capito che soffermandosi sulla storia avrebbe perso il confronto. E, come è suo solito, ha recitato la parte di chi vuole cambiare il Paese rispetto a chi, come De Mita, ritiene necessaria la svolta, ma nulla ha fatto per renderla concreta. Non solo. Le offese sono venute incalzanti. Dire a De Mita che Fiorentino Sullo era un grande statista ha riaperto una piaga antica in un percorso di vita connotato da forti contrasti tra il sindaco di Nusco e il defunto leader di Castelvetere, suo maestro. E poi. La coerenza politica. Il De Mita trasformista che entra ed esce dal Pd per approdare in un partito paragonabile ad una società per azioni. A De Mita saltano i nervi, il suo sguardo si sperde nella sala di registrazione de La 7, cerca di spiegare, ma l’altro non gli offre la possibilità. Si capisce che ci si trova di fronte a due mondi diversi. L’uno, quello di Renzi, con forti motivazioni, quasi del “tutto e subito”; l’altro, De Mita, tutto proteso con lo sguardo al passato. E poi qualche inesattezza, qualche tentativo di bluff, le smentite attraverso documenti consegnati alla storia politica.
Si scontrano concetti come l’etica e l’estetica, mentre il telespettatore rimane sbigottito.
Matteo Renzi mette sul banco le domande per il voto referendario. Ciriaco De Mita dà l’impressione di non essere del tutto contrario, ma vorrebbe argomentare il perchè si potrebbe fare diversamente. Non ce la fa. Il ragionamento è tranciato con giudizi severi. No, l’età non fa del tutto la differenza che, invece, è il frutto della logica approssimativa. Di una insopportabile semplificazione costretta dai tempi televisivi.
In fondo tutta la vita politica del leader di Nusco si è svolta con successo per la suggestione dei suoi ragionamenti. A volte egli parla come un prete che dice la messa in latino, tutti lo ascoltano, pochi lo capiscono.
Non c’è scontro, ma l’incontro è latitante. La politica di un tempo è solo un ricordo. Amaro, forse nostalgico.
Quando sembra che De Mita sia battuto ai punti ecco che egli tira fuori dal cilindro la vera preoccupazione: la riforma della legge elettorale. In fondo il sindaco di Nusco aveva espresso il suo pensiero già in un convegno nella sua terra. Aveva detto che sarebbe stato favorevole al Si, se fosse stata modificata la legge elettorale. Avendo messo insieme Renzi riforma della Costituzione e legge elettorale De Mita ha poi cambiato idea.
Già, la legge elettorale. Renzi dice di essere pronto a cambiarla. Una commissione ad hoc vi sta lavorando. Ma lo scetticismo regna sovrano. De Mita pensa che sia in atto un grande imbroglio, non così per Renzi che insiste sulla diversità dei due provvedimenti. I due mondi, alla fine, restano distanti.
L’impressione che si ricava è che la velocità del premier fa soccombere il pensiero del sindaco di Nusco. Che, in verità, appare datato, anche stanco, ma certamente non rassegnato. La storia è decisamente utile se serve a far muovere positivamente le cose, ma se si ferma al ricordo essa finisce per trasformarsi in noia sonnolenta. Chi ha vinto? De Mita no, neanche Renzi. Ha perso la politica. Che non si è vista nel confronto anche aspro tra i due leader. Chiedersi allora perchè le persone non si affezionano al sentire politico è anche questa una spiegazione. In realtà, quando il pensiero non si coniuga con la velocità si rischia di fermare quel processo di innovazione istituzionale tanto predicato e mai attuato. La sfida ora è tutta nella ricerca delle ragioni del Si e del No, rifuggendo da strumentali posizioni che rischiano di consegnare il Paese all’immobilismo.

GIANNI FESTA

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