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Alberta De Simone, il nuovo segretario del Pd, Enrico Letta, parla di un nuovo Ulivo, lei è d’accordo?
Ci vuole un gran lavoro, se Letta è abbastanza bravo e testardo potrebbe anche farcela. La situazione è molto complicata nel centrosinistra, le diverse componenti si sono ossificate, sono diventate una sorta di camicia di forza per chi ne fa parte. Il carrierismo prevale sui valori e sui programmi. Non solo. Per creare una coalizione la prima cosa da fare è abbandonare le velleità dei partiti all’autosufficienza.

Zingaretti non ci è riuscito
Non mi è piaciuto il modo in cui sono state accolte le dimissioni Zingaretti: ci sarebbe dovuto essere coro unanime per chiedergli di restare invece di un freddo arrivederci e grazie.

Che cosa non funziona nel Pd?
Il Pd non è mai nato, l’amalgama non è riuscita. All’origine c’era l’idea di unire il mondo cattolico e popolare a quello socialista eretico che proveniva dal Pci. Io ho contributo a fondare il Pd e posso dire che l’ esperimento è fallito. Da subito è iniziata una perenne guerriglia interna per la conquista del potere. Il caso dell’Irpinia lo dimostra. Un altro problema è stato il mancato coinvolgimento della base.

Che è successo in Irpinia
Una parte degli iscritti proventi dalla sinistra si è subito organizzato in una corrente, un’altra parte, io compresa, ha cercato di favorire comunque l’incontro con la parte cattolica e democristiana. Chi proveniva dalla Margherita a sua volta era interessato alla conquista del potere, ai posti di comando in contrapposizione con chi era di sinistra. Il predominio della Margherita c’è stato sempre, uno spirito comune tra questa e i Ds mai.

Con l’Ulivo era diverso
Nell’Ulivo eravamo molto più uniti e infatti è stata una stagione vincente. Tra i partiti dell’Ulivo c’ era uno spirito collaborativo e propositivo. Con Prodi vincemmo due volte. Il passaggio al Pd è stato prematuro, non eravamo pronti, forse avremmo dovuto aspettare ancora una generazione.

La costruzione del nuovo centrosinistra di stampo ulivista dovrebbe partire dal territorio o dai vertici di partito?
Se per territorio intendiamo i piccoli ras locali che hanno spadroneggiato con la scusa della rottamazione, allora è abbastanza difficile che nasca qualcosa di buono. Se invece facciamo riferimento a chi vota il centrosinistra, a chi vuole bene al partito, allora il discorso cambia. La base è più avanti dei vertici. Dobbiamo smetterla con i tatticismi finalizzati al solo consenso e aprire una nuova stagione. Berlinguer aprì le porte a tutta una nuova generazione che era stata protagonista del 68 e degli anni ’70, i padri spingevano i figli a prendere in mano le redini del loro futuro, i figli lo facevano senza rinnegare i padri, senza umiliarli. Non è stato così con la rottamazione alimentata dai renziani, quando si è aperta la strada ad una classe dirigente priva di radici, senza ideali, non in grado di costruire un orizzonte, una nuova speranza.

Lei ora da che parte della sinistra si sente rappresentata?
Ho fatto una breve esperienza con Articolo Uno, un progetto che si è rilevato un fallimento alla prima prova elettorale. Oggi non ho nessuna tessera di partito, continuo a interessarmi della Sinistra e tenderei ad essere pessimista per quello che vedo se non fossi abituata all’ottimismo da una antica cultura gramsciana che mai mi ha fatto abbandonare la speranza nel progresso.

In consiglio comunale ad Avellino il Pd è in maggioranza e opposizione allo stesso tempo.
E’ lo specchio della devastazione che c’è stata nel Pd da quando è iniziata quella pratica poco dignitosa, se non indecente, di cambiare bandiera per convenienza, a seconda di prosperi sogni di carriere individuali mettendo da parte le regole. Una volta nei partiti chi non le rispettava era fuori. Se non ci sono regole, un partito è destinato a fracassarsi. L’errore è stato commesso all’inizio quando bisognava fermare subito questa degenerazione politica.

Tra le priorità di Letta c’è lo ius soli
La propaganda della destra è indecorosa e si basa forse su un fraintendimento dovuto al fatto che si chiama ius soli. Spieghiamo invece che si tratta di diritti che riguardano i bambini nati in Italia, che frequentano le nostra scuole, che siedono accanto ai nostri nipoti. A loro dobbiamo dare una possibilità, un futuro, amore e non odio, l’eguaglianza, che non è un diritto ma un sentimento.

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