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E’ un riconoscimento di prestigio quello ottenuto dalla rivista Vicum, oggi Vicatim, tra le fonti della Enciclopedia Treccani. Non nasconde la propria emozione il presidente dell’associazione culturale Vicatim Salvatore Salvatore “E’ la conferma del rigore scientifico che ha sempre caratterizzato la rivista fino a farne una voce autorevole dell’Ufita, della Baronia, della Daunia e dell’intera Irpinia. Abbiamo sempre selezionato con attenzione gli scritti, capaci di abbracciare archeologia, letteratura e storia, e il riconoscimento della Treccani ce ne dà atto. Ecco perchè è stato importante salvaguardare questa voce che ha rischiato di scomparire e che oggi prosegue sulle pagine di Vicatim.

Vicum è entrato a far parte di gran parte delle biblioteche italiane. Non è un caso, ad esempio, che tra le fonti di riferimento dell’autore Carmine Pinto che si è occupato del brigante Giuseppe Schiavone, ci siano proprio gli articoli comparsi sulla rivista Vicum”. Un rigore scientifico confermato anche dall’ultimo numero che sceglie di soffermarsi su alcuni dei tesori archeologici della Valle Ufita, analizzato da Salvatore, a partire dal più antico rinvenimento di Aia di Cappitella di Carife, un terrazzo fluviale, nelle cui vicinanze è una sorgente di acqua sulfurea che potrebbe essere stata importante per la concia delle pelli. Un’area che ha attirato l’attenzione degli studiosi per la presenza di strutture di combustione, vere e proprie fosse di forma ovale all’interno delle quali erano evidenti le tracce del passaggio di alte temperature. Fosse utilizzate, secondo le ipotesi degli studiosi come forni collettivi per cuocere la terracotta o per essiccare i cereali.

Una presenza che si affianca a quella del villaggio di Contrada Isca Del Pero di Castelbaronia “Un vero e proprio villaggio, ben attrezzato per l’epoca, – scriveva Salvatore – sorgeva lungo il torrente Olivella, a pochissima distanza dalla sponda destra dell’Ufita, alla fine del terzo millennio avanti Cristo. Era abitato da un gruppo che si dedicava alla pastorizia e all’agricoltura. Il recupero di parecchi scheletri, in prevalenza bambini, seppelliti in posizione rannicchiata, girati su un fianco e con gli arti inferiori fortemente ritratti, ha consentito di precisare e chiarire alcune abitudini sconosciute che caratterizzarono, in quest’area, la civiltà del Secondo Eneolitico”. Evidenti gli elementi in comune con la civiltà di Laterza che si spiegherebbero con i contatti tra i gruppi facilitati dai percorsi fluviali e relativi valichi. Raffaele Loffa si interroga, invece, sul tesoretto monetale rinvenuto nel 1895 a Carife, in contrada Toppola, che riunisce i conii del Mezzogiorno, da Neapolis ad Aquilonia. Si tratta di un tesoro inserito nelle collezioni del Medagliere del Museo Nazionale di Napoli, di cui si sono però perdute le tracce. Giovanni Panzetta ricostruisce il cammino dell’Appia lungo il Formicoso. Scopriamo così che “se questa parte dell’Irpinia non fosse stata oggetto d’indagine da parte degli illuministi napoletani si sarebbe dissolta come l’Appia che l’attraversava”. Fino alla nuova rete stradale completata all’indomani dell’Unificazione che insisteva sulla Via Regia delle Puglie e Via di Melfi.


Pompilio Dottore dedica, invece, ampio spazio a un bicentenario dimenticato, quello della nascita di Laura Beatrice Oliva, che si carica di un valore forte dopo la scarsa attenzione dedicata al bicentenario della nascita di Pasquale Stanislao Mancini, relegato nella lista dei fautori dell’unità nazionale tra i personaggi secondari. Una figura dimenticata come quella della moglie Laura “donna in trincea al fianco del marito”, madre coraggiosa e poetessa sublime. “A Torino – ricorda Dottore – la casa del Mancini fu il centro di raccolta degli esuli napoletani e Laura, da perfetta padrona di casa, non fece mai mancare a nessuno di loro protezione e sostegno. Ella organizzò un salotto letterario ove facevano capo le migliori menti d’Italia, accompagnò il marito in tutti i suoi villaggi culturali e politici, non tralasciando mai la poesia e la famiglia che nel frattempo diventava sempre più numerosa”. La sua poesia accompagna i momenti cruciali dell’Unità, dal canto in terza rima “Per la commemorazione delle stragi del 1848” alla canzone “A caduti per la patria”, da “In morte di Cavour” alla raccolta “Patria ed Amore”.

Ad impreziosire il numero il bilancio del 1808 del Comune di Avellino nella ricostruzione di Nicola Di Guglielmo, l’Orsara Dauno-Irpina nelle relazioni dei Regi Commissari nell’analisi di Antonio Anzivino, la diocesi di Troia tra XI e XIII secolo ricostruita da Giulia Beccia. Antonio Rossi offre uno spaccato del santuario Santa Maria di Anzano mentre Rocco Salvatore ci consegna storie di brigantesse del Sud , come Giuseppina Vitale, moglie del brigante Agostino Sacchitiello che partecipò agli scontri con il ventesimo reggimento bersaglieri tra Carbonara e Lacedonia e alla battaglia contro gli Ussari di Piacenza. Faustino De Palma consegna, infine, una recensione di “Un’azalea in via Fani” di Angelo Picariello mentre Nicola Prebenna si sofferma sul concetto di diapora.

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