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di Alessia Riccardelli
Definisce la musica “il racconto più spontaneo delle nostre vite”, una vita, la sua, iniziata proprio nella nostra città, una vita che ha scelto di raccontare proprio attraverso la musica. Questa settimana un ritorno gradito nella sua terra, quello di Ghemon che sarà con noi domani e che, per l’occasione ho incontrato telefonicamente.
Gianluca, com’è tornare a suonare nella tua città? Che emozioni ti dà Avellino ogni volta?
È sempre bello e speciale ritornare nel posto dove sono cresciuto. Anche se comunque sono andato via da tanto tempo poi quando torno, i posti sono gli stessi e mi sembra che le cose non siano mai cambiate, non siano insomma così tanto diverse da quando ero lì. Non è detto in modo negativo, è una questione di energia, quello che provo, è ciò che conosco.
È tornare a casa. In una casa puoi trovare un cambio di arredo, un soprammobile diverso ma, alla fine, l’atmosfera resta quella. Avellino è stata determinante, ovviamente, per la tua crescita. C’è stato qualcosa di questa città particolarmente determinante per te?
In generale tutto perché comunque io dico che Avellino è una città circondata da tanti posti, in Campania, vicini e anche più grandi e quindi per farsi valere si è sempre molto “capatosta” molto ostinati e determinati, molto testardi. Sicuramente, ecco, Avellino mi ha insegnato questo, mi ha comunicato questo, lo spirito di distinguermi, di essere ostinati.
Oggi sicuramente ad Avellino c’è più possibilità di fare musica, di coltivarla, di dedicarsi ad essa, rispetto a quando magari hai iniziato. Più possibilità anche perché ci sono più occasioni e più luoghi in cui poterla vivere
Sicuramente si faceva più fatica quando ho iniziato e poi il genere che io avevo scelto di fare non era proprio una cosa comunissima quindi bisognava mettere in conto anche questo. Non era proprio facile far accettare questo alle persone perché era qualcosa che nessuno conosceva. Oggi sicuramente sono andate giù molte barriere e penso che sia proprio più facile per i ragazzi che iniziano adesso, più facile quantomeno farlo o trovare qualcuno che ascolta anche grazie ad internet. Poi, per quello che vedo in città, qualcuno che cerca di fare sempre movimento o qualche locale nuovo che dà opportunità c’è sempre. È ovvio che quando ho iniziato, quando anche internet non c’era nemmeno, quello che facevi poteva rischiare di rimanere un po’ dentro la tua realtà. Oggi si può stare ad Avellino, si può fare musica, si può avere l’opportunità di farla sentire ai tuoi concittadini ma poi anche al resto d’Italia, al resto del mondo grazie alla rete.
Da La rivincita dei buoni a Mezzanotte, com’è cambiata “una vita nel giorno di Ghemon”? Quali consapevolezze in più caratterizzano la tua vita, la tua giornata?
Ehh, è cambiata ed è cambiata anche da Mezzanotte ad ora. Sicuramente è diventato molto più regolare il ritmo riguardo a quello che prima era un sogno e che riuscivo a fare nei ritagli, nel tempo libero e che poi è diventato un lavoro. Quello è il momento in cui la tua volontà, la tua maniera di pensare e di organizzare bene cambia perché poi diventi tu il tuo stesso datore di lavoro. Rispetto agli inizi sono diventato, probabilmente, più preciso, più professionale proprio perché sono diventato più impegnato quindi mi son dovuto evolvere anche da quel punto di vista.
Ne La Rivincita dei buoni parlavi anche della psicologia complicata dell’essere femminile e, a distanza di anni, hai poi scritto una canzone calandoti proprio nei panni di una donna, scrivendola dal suo punto di vista, come se la penna fosse nelle sue mani. Ci vuole una grandissima sensibilità per riuscire a calarsi nel nostro essere, per guardare le cose con i nostri occhi, col nostro cuore, col nostro anche punto di vista, un’operazione che qualcuno tenta di fare ma non sempre ci si riesce. Con Rose Viola sei riuscito ad incarnare il nostro essere nello stesso modo in cui, negli anni, Ivan Graziani, ad esempio, ha fatto raccontando l’universo femminile. Come sei riuscito ad immergerti nel nostro mondo?
È venuto sinceramente molto spontaneo. Sarà stato il fatto che comunque sono sempre stato circondato da donne che fossero mia mamma, persone della mia famiglia, mia nonna, le fidanzate, le amiche. Sicuramente, ecco, loro mi hanno dato un esempio ulteriore e diverso da quello che mi hanno dato i maschi, un’attenzione per le sfumature. In quanto maschio ho sempre i difetti della categoria però diciamo che provo a stare più attento quando una donna mi fa notare una cosa.
Anche perché noi donne vediamo molto più a lungo, abbiamo un sesto senso e un intuito che forse voi maschi non avete.
Spesso e volentieri sì! (ride)
Sappiamo che stai preparando il tuo nuovo disco. Uscirà a fine anno?
Scaramanzia vuole che non si dicano le date, ma più o meno sì.
Ci sarà qualche duetto?
Per adesso non ci sono, ci sono tante parole, promesse con artisti ed artiste che stimo ma non è ancora successo. Io mi prendo sempre un sacco di tempo per fare i miei dischi perché comunque sono anche un po’ io il mio taccuino degli appunti. Ho spesso cose da dire che sono mie e faccio fatica a dividere il taccuino con qualcun altro.
Anche perché tu scrivi molto della tua personalità rispetto magari a qualcuno che facendo il tuo genere tratta più temi sociali
Sì io tratto le cose in un altro modo, sicuramente c’è molto della mia quotidianità, qualcosa che mi va di raccontare. Per adesso non è capitata nessuna collaborazione.
Nel tuo carattere c’è una vena molto ironica, hai un grande senso dell’umorismo che ti fa amare artisti come Nino Frassica e Corrado Guzzanti. Immagino la bellezza di una tua canzone con un cameo di Frassica.
Ah quello sarebbe bellissimo! Anche se mi basterebbe anche una cena con Nino Frassica! Mi accontenterei di quello, di sapere come si “costruisce una risata”.
Anche perché abbiamo bisogno nella vita di ridere e sorridere.
Assolutamente sì.

Appuntamento, quindi, con Ghemon, questa sera alle 22,30 per emozionarsi, per divertirsi, per stare a casa.
 

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