X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

Tornano i libri, con un volume impegnativo che parla di depressione e devianza sociale, a Lustri Cultura in Dies, eventi culturali a Solofra, organizzati dal Comune e dall’Accademia Teatro Città di Solofra con Hypokritès Teatro Studio, con la direzione artistica di Enzo Marangelo.

Mercoledì 15 febbraio alle 20, nella Sala Archi del Complesso monumentale di Santa Chiara a Solofra, Renato Siniscalchi, responsabile della sezione Letteratura della rassegna, presenterà “La società dei devianti”, di Piero Cipriano, edizioni Elèuthera.

A partire dalla sua frequentazione quotidiana con la sofferenza psichica, Cipriano si misura con quella stanchezza esistenziale, sbrigativamente definita depressione, che la nostra società antropofaga prima alimenta e poi cerca di etichettare con quel furore diagnostico e categoriale che le è proprio. A ogni deviante la sua etichetta, medica o psichiatrica, ma anche sociologica o giudiziaria, che così diventa una sorta di tatuaggio identitario, un destino imposto da cui tutto il resto deriva: gli obblighi, i percorsi, le scuole, le cure, i farmaci, le prigioni, ciò che ognuno potrà o non potrà fare (ed essere) nella sua vita.

“Ho vissuto – scrive l’autore – metà del mio tempo nei luoghi dove si deposita la follia più indesiderata e tutta la possibile devianza dalla norma. E ho visto, da questo luogo privilegiato, in che modo gli uomini si trasformano, siano essi i curanti o i devianti.” “La società dei devianti” è il terzo volume della cosiddetta “trilogia della riluttanza”: con gli altri due, “La fabbrica della cura mentale” e “Il manicomio chimico”, Cipriano ha riportato in auge, con un approccio nuovo e originale, il dibattito pubblico sul disagio psichico e le sue implicazioni sociali, culturali, antropologiche.

Piero Cipriano è un medico psichiatra psicoterapeuta, di formazione cognitivista ed etnopsichiatrica. Ha lavorato in vari Dipartimenti di Salute Mentale d’Italia, dal Friuli alla Campania, da qualche anno lavora in un SPDC di Roma. “I suoi racconti ripropongono il genere della testimonianza civile da parte dei medici di frontiera: un corpo a corpo con la follia restituito con la forza della denuncia e l’affilatezza delle immagini. È raro sentire un medico che si esprima con questa furente schiettezza sull’establishment psichiatrico e sui luoghi del disagio psichico”, ha scritto di lui Simonetta Fiori su Repubblica. 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE