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SANTA MARIA CAPUA VETERE (CASERTA) – Saranno tutti sospesi i 52 agenti della Polizia Penitenziaria coinvolti nell’”orribile mattanza», come l’ha definita il gip, avvenuta la sera del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Non solo.

Il Dap sta valutando ulteriori provvedimenti per gli altri poliziotti non destinatari delle misure cautelari. Il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha definito «un tradimento della Costituzione» quanto accaduto e chiesto approfondimenti sull’intera catena di responsabilità, esprimendo ferma condanna insieme con il capo del Dap, Bernardo Petralia. Il tutto mentre dagli atti – oltre al video con le botte e le umiliazioni che ha scioccato molti italiani – spunta anche un altro filmato che documenta le percosse inflitte a un giovane detenuto straniero, malato, morto 28 giorni dopo le violenze.

Per Cartabia «di fronte a fatti di una tale gravità non basta una condanna a parole. Occorre attivarsi per comprenderne e rimuoverne le cause, perché fatti così non si ripetano».

Domani pomeriggio, intanto, a Santa Maria Capua Vetere, è atteso il leader della Lega Matteo Salvini per un incontro con la Penitenziaria: «Chi sbaglia paga – ha detto in una intervista – soprattutto se indossa una divisa, però non si possono coinvolgere tutti i 40mila donne e uomini di polizia penitenziaria e non si possono sbattere in prima pagina con nomi e cognomi. Serve rispetto».

Il senatore dem Cesare Mirabelli lo taccia di «ambiguità», mentre per il segretario del Pd Enrico Letta le immagini dei pestaggi sono «intollerabili» e, soprattutto, «gravissime» in quanto «ascrivibili a chi deve servire lo Stato con lealtà e onore».

Tra i video agli atti dell’inchiesta figura anche quello che ha documentato le violenze inflitte ad un 27enne detenuto algerino affetto da schizofrenia trovato morto in cella il 4 maggio 2020. Lì c’era finito a colpi di manganello trascinato per la maglia, la sera della «perquisizione straordinaria» disposta dopo le proteste del giorno precedente.

L’uomo figurava tra i 15 carcerati del reparto Nilo classificati come pericolosi. La sua morte fu, per l’ufficio inquirente guidato dal procuratore Maria Antonietta Troncone, frutto delle violenze subìte quasi un mese prima. Un’ipotesi non sposata però dal gip Sergio Enea che invece ha classificato quel decesso come un suicidio. Il giovane, a detta di molti altri detenuti, assumeva oppiacei, neurolettici e benzodiazepine che gli infermieri gli somministravano affidandosi «a un’inopportuna autogestione terapeutica».

Secondo i carcerati una prassi. E più ne chiedeva, più gliene davano, quando era nel reparto Nilo. Ma in isolamento la somministrazione dei farmaci subì un arresto e lui non faceva altro che lamentarsi, gridare e chiedere aiuto. Era dolorante, alle costole, alle gambe ma soprattutto al capo.

Durante il trasferimento sferrò un pugno a uno degli agenti scatenandone la reazione: gli schiacciarono la testa contro il pavimento e, a colpi di bastone venne trascinato in reparto. In cella, per 3-4 giorni, è rimasto su un letto spoglio senza parlare, lo stesso sul quale la mattina del 4 maggio è stato trovato senza vita. “Aveva sempre dolore alla testa e vomitava sangue», hanno riferito alcuni detenuti ascoltati dai pm. La sera prima chiese a un altro carcerato che gli dava un pò di assistenza di salutargli la mamma.

Ad ammazzarlo sarebbe stata una quantità tossica di farmaci assunti in rapida successione che avrebbe causato un edema polmonare acuto e poi un infarto. Oggi, intanto, si sono tenuti 9 dei 52 interrogatori di garanzia programmati dal gip Sergio Enea (l’ultimo il 7 luglio). Tre erano in videoconferenza dal carcere: Salvatore Mezzarano, Oreste Salerno e Pasquale De Filippo.

Quest’ultimo ha risposto al gip e in un’ora e mezza contestato le accuse che gli sono state mosse. L’ispettore Mezzarano, invece, ritenuto il “co-organizzatore ed esecutore», ha voluto rilasciare una dichiarazione spontanea solo per dire di avere eseguito gli ordini dei superiori. Gli altri si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere.

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