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“I superticket sanitari, oltre a rappresentare un ingiusto costo a carico degli utenti della sanità, determinano pesanti disuguaglianze tra cittadini i quali, a parità di trattamento sanitario, subiscono aggravi di costi diversificati a seconda del luogo di residenza. Non solo. In alcuni casi i costi delle prestazioni, a causa di tale balzello, risultano più elevati nella sanità pubblica, spingendo gli utenti a rivolgersi a cliniche e strutture private”. Lo afferma il Codacons, che appoggia la proposta “di eliminare l’odioso balzello introdotto dalla Legge Finanziaria del 2011”.
“Ad oggi è possibile parlare di vera e propria giungla per i Superticket. La tassa da 10 euro su farmaci e prestazioni specialistiche vale tra i 500 e gli 800 milioni di euro annui, e non vi sono numero certi sul gettito garantito da tale balzello anche perché le amministrazioni regionali procedono in ordine sparso e cambiando spesso le carte in tavola”, dice il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi.
“Basti pensare – spiega Rienzi – che nell’ultimo anno regioni come Emilia Romagna, Piemonte e Toscana hanno deliberato l’eliminazione del Superticket, ma nel primo caso solo per alcune fasce di reddito. La Campania invece ha annunciato per il futuro una riduzione dell’80% del balzello in base all’età dei pazienti che richiedono le prestazioni, e un taglio totale per i nuclei numerosi e a basso reddito”.
Come ricorda il Codacons, “nella giungla che vige oggi, il Superticket si paga integralmente in 9 regioni: Abruzzo, Liguria, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Lombardia. Non si paga invece in Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Valle D’Aosta e Piemonte. In tutte le altre è invece previsto in maniera proporzionale al valore della ricetta oppure proporzionalmente al reddito”.
“Tutto ciò crea disuguaglianze inaccettabili tra cittadini in base alla regione di residenza, e spinge gli utenti a rivolgersi alla sanità privata poiché alcune prestazioni, come esami del sangue o delle urine, a causa del Superticket da 10 euro risultano più costose se eseguite presso le strutture pubbliche”, conclude Rienzi.

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