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Napoli – “Mettiamo fine al buonismo e ai permessi premio per criminali che se ne servono solo per evadere dal carcere”. A sostenerlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria (S.Pp.) Aldo Di Giacomo riferendo che oggi, in tarda mattinata, un pericoloso detenuto 38enne di etnia rom è evaso durante la visita a un familiare al campo rom di Secondigliano.
L’uomo era stato recluso anche nel carcere di Secondigliano, ma a causa della sua pericolosità e per un fondato pericolo di fuga, gli erano stati sospesi i permessi. “Il pericoloso detenuto – afferma Di Giacomo – era scortato da sette uomini, quattro del carcere di Frosinone da cui era stato portato e tre di supporto dal carcere di Secondigliano. Dalle prime indiscrezioni parrebbe che nel campo rom sia stato inscenato un malore a un bimbo, per consentire al detenuto di darsela a gambe levate. È ora di smetterla con questo buonismo nella concessione di permessi dai quali scaturisce un elevato indice di evasione”.
“Noi ancora una volta siamo dalla parte delle vittime e dei poliziotti penitenziari – continua Di Giacomo – ormai i nostri istituti di pena sono diventati alberghi a tre stelle da cui si entra e esce a proprio piacimento. Siamo a una sorta di ‘accanimento terapeuticò nel cercare a ogni costo di redimere gli assassini. I casi ripetuti e eclatanti delle ultime settimane richiedono un atteggiamento molto diverso”. Per il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria l’eccesso di fiducia dimostrato in troppi casi cozza con il dato incontrovertibile della realtà: almeno il 60% di detenuti ammessi a benefici di ogni tipo ritorna a commettere reati anche sanguinosi. “A nostro parere – spiega Di Giacomo – è giunto il momento di introdurre da una parte norme di responsabilità a carico di chi assume la decisione di ammettere i detenuti all’uscita dal carcere e, dall’altra, di distinzione netta tra le varie categorie di detenuti stessi. Mi riferisco a criminali che hanno ucciso senza dar prova di alcun pentimento e che fuori dal carcere offendono la memoria delle vittime e le loro famiglie, oltre a rappresentare uno sbeffeggiamento per il personale penitenziario”.
“Francamente – dichiara il segretario generale di S. Pp. – non riesco a capire come si possa semplicemente pensare di redimere un assassino che a solo poche ore dall’uscita dalla cella ha come unico scopo quello di accoltellare un anziano. Diventa perciò indispensabile stabilire con grande attenzione e responsabilità chi ammettere ai benefici, con valutazioni rigorose sulla cosiddetta buona condotta e assenza di pericolosità sociale, considerati gli elementi principali, soprattutto prendendo tutto il tempo necessario per decidere”.
“Abbiamo da sempre sostenuto – conclude Di Giacomo – che la confusione tra vittime e carnefici è alla base di questo sistema giudiziario e carcerario che è arrivato ormai a ipotizzare l’abolizione del carcere ostativo per redimere tutti gli ergastolani. Ma almeno noi continuiamo a credere che esiste una bella differenza tra vittime e carnefici”.

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