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Tecniche di costruzione di una Giunta. Il professor Gaetano Manfredi ha ufficialmente cominciato a mettere mano alla delicata questione della squadra, un lavoro non semplicissimo visto che, usando una metafora ingegneristica, c’è da tenere insieme materiali molto diversi tra di loro, che devono integrarsi, condensarsi e solidificarsi al meglio. Ma come è noto il nuovo sindaco di Napoli di mestiere è giustappunto un docente di Tecnica delle costruzioni e dunque nessuno meglio di lui (che peraltro ha già dimostrato di saper creare efficaci alchimie sia come rettore sia come ministro) può trovare la soluzione al problema.

Da ieri, dunque, è cominciata l’analisi sistemica dei potenziali nuovi assessori. Il primo nome è stato quello del segretario metropolitano del pd Marco Sarracino, candidato al ruolo di vicesindaco (un modo per blindare in qualche modo l’alleanza giallorossa). A seguire appare ormai consolidata la posizione del prefetto Antonio De Iesu (ex questore di Avellino e Napoli) come futuro responsabile della sicurezza, quindi della polizia municipale (il cui efficientamento è una delle criticità storiche di Napoli).

Altro nome ormai ricorrente è quello di Edoardo Cosenza, collega e amico del neosindaco, così come quello di Luigi Nicolais che è stato pure lui ministro e attualmente presiede la Real Tenuta di Carditello e il Campania digital innovation hub. Sempre tra le fila dei “cavalieri federiciani” troviamo poi l’ingegner Antonio Pescapé (tra i responsabili del “maniero” tecnologico di San Giovanni a Teduccio), quindi Stefano Consiglio (presidente della Scuola di Scienze umane e sociali della “Federico II”) già indicato come probabile assessore alla Cultura, e infine il notaio e docente Diomende “Dino” Falconio, presidente della Fondazione Ravello.

Non c’è bisogno di essere degli esperti politologi per capire che il vero nodo è mettere d’accordo le tante anime che Manfredi ha coalizzato intorno alla sua candidatura, in primis i ministri pentastellati, per i quali Napoli è stato l’unico motivo di gioia (anche se le percentuali sono state disastrose pure qui), e il sempre irrequieto governatore De Luca, le cui liste sono andate anch’esse piuttosto male ma il cui peso specifico è fuori discussione.

Ma se la scienza alchemica non difetta (e nemmeno la vicinanza con gli apparati romani), Manfredi è atteso da ben più ponderose sfide e dovrà dimostrare di avere molte altre qualità. Intanto, ad esempio, il Prof ieri ha ricevuto il “benvenuto” da parte dei sindacati dei lavoratori dell’Asìa, che hanno generosamente regalato al nuovo sindaco (non ancora neppure insediato) una bella giornata di sciopero generale firmata dalle sigle Fp Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Fiadel, Flia, Servizi e Filas.

Sintetico quanto icastico il commento ascoltato nei corridoi di Palazzo San Giacomo: «Ci siamo fatti la croce». Dalla monnezza dei grandi numeri alle strade zozze e puzzolenti di fritturine: un altro nodo che ha già rotto il pettine (e pure la pazienza) è quello del centro storico trasformato in immensa friggitoria all’aperto, simbolo principe dell’atavica assenza di una politica culturale e turistica degna di questo nome, il cui primo risultato è stato il proliferare di un turismo mordi e fuggi di basso profilo che apporta scarsi profitti e per giunta aggiunge altro isterico bailamme a una città che già ne abbonda da secoli.

Un problema, quello della città turistica, che sta riesplodendo con la ripresa post-Covid e che il sindaco dovrà cominciare quantomeno ad affrontare (per risolverlo ci vorranno anni) prima delle festività di fine anno. Perché le luminarie possono pure andar bene – anche se a giudicare dall imbarazzante pupazzo apparso (e poi smontato) a piazza Vittoria bisognerà chiudere un occhio sulla qualità –, e specialmente in una città che è tra le più buie d’Europa, ma l’immondo ingorgo pedonale nei Decumani o sul Lungomare dei tavolini è da evitare al pari di quello automobilistico. Antonio Emanuele Piedimonte

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